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«Differenza Donna ha riscosso una vittoria storica destinata a lasciare il segno nel nostro ordinamento, a favore delle donne e contro la violenza maschile. Il Comitato delle Nazioni Unite che monitora la Convenzione per l’eliminazione di ogni discriminazione contro le donne (Cedaw) ha accolto il ricorso dell’associazione sul caso di una donna già vittima di violenza domestica e poi stuprata da un agente delle forze dell’ordine, prima condannato e poi assolto nei successivi gradi di giudizio, rinvenendo negli interventi dell’autorità giudiziaria italiana l’azione di stereotipi sessisti. In particolare, il Comitato ha condannato lo Stato al risarcimento morale e materiale nei confronti della vittima, ha raccomandato di introdurre programmi specifici di formazione sulla violenza contro le donne per tutti gli operatori della giustizia e ha infine intimato al nostro Paese di modificare il reato di violenza sessuale, garantendo la centralità del consenso della vittima "come elemento determinante" del delitto. Si tratta di un grande risultato, completamente in linea con gli esiti delle diverse indagini svolte dalla Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e in particolare della relazione sulla vittimizzazione secondaria di donne e minori. Ora è determinate approvare il ddl in Commissione Giustizia che stabilisce che quando non c’è consenso c’è violenza». Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidio, che sottolinea: «Ringraziamo Teresa Manente e tutte le avvocate di Differenza Donna per questo straordinario risultato» «Il Comitato Cedaw - spiega Valente - ha sancito che l’Italia, attraverso il suo sistema giudiziario, ha violato diversi articoli della Convenzione stessa nel caso esaminato di una donna, già vittima di violenza domestica, che aveva subito uno stupro da un agente delle forze dell’ordine incaricato delle attività di indagini. L’agente era stato infatti condannato in primo grado ma poi assolto nei gradi successivi. Il Comitato ha sottolineato che le sentenze di assoluzione nel caso di specie si sono basate su "percezioni distorte e su miti e convinzioni preconcette, piuttosto che su fatti rilevanti, che hanno indotto la Corte Regionale e la Corte Suprema di Cassazione a interpretare o ad applicare in modo errato le leggi, minando così l’imparzialità e l’integrità del sistema giudiziario e producendo un errore giudiziario e la rivittimizzazione della donna". Non solo, accogliendo le argomentazioni di Differenza Donna, il Comitato Cedaw ha ricondotto le violazioni al fatto che gli stereotipi sessisti prosperano in sede giudiziaria in ragione di una legislazione, come quella italiana, che non identifica chiaramente il consenso come elemento centrale e determinante della violenza sessuale. Ulteriore raccomandazione del Comitato è di predisporre un sistema di monitoraggio e analisi delle sentenze, predisponendo anche strumenti di denuncia e controllo dei casi di stereotipizzazione giudiziaria», conclude la senatrice del Pd.