Atti di violenza fisica e psicologica, minaccia grave, senza pantaloni e abbassati gli slip per generare umiliazione, con tanto di manette ai polsi e nastro adesivo nelle gambe. Così avrebbero agito i 28 agenti della Polizia penitenziaria nei confronti di tre detenuti stranieri del carcere di Biella, e quindi accusati di tortura a partire da primo episodio avvenuto l’11 giugno del 2022.

L’indagine è partita quando il vice Comandante pro tempore aveva redatto una comunicazione di notizia di reato nei confronti di un detenuto deferito in stato di libertà. Nella nota, il Comandante sottolineava una serie di violenze e minacce da parte del detenuto, asserendo di «aver dovuto utilizzare del nastro adesivo» per legarlo per qualche minuto nonostante quest'ultimo fosse già ammanettato. Una chiara violazione dell'art. 41 della Legge sull'Ordinamento Penitenziario. La comunicazione, invece di smorzare qualunque domanda sui soprusi, ha fatto dunque partire un'indagine da parte della Procura.

Indagine che ha portato, con l’ordinanza del GIP depositata il 22 marzo scorso, all’applicazione di misure cautelari nei confronti dei 28 agenti della polizia penitenziaria del carcere di Biella dove appunto sarebbero avvenute le torture. Ma potrebbero essere anche di più, visto che ancora non sono stati identificati altri agenti che avrebbero partecipato alla violenza. Un episodio riguarda il detenuto Mehdi Hozal. Contenuto con manette ai polsi e nastro adesivo sulle gambe, avrebbe ricevuto - così si legge nell’ordinanza - acute sofferenze fisiche dovute ai colpi inferti, refertate come «arrossamento al costato sinistro e graffi in regione sternale» e un verificabile trauma psichico sfociato anche in atti di autolesionismo sottoponendolo tra l'altro ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della sua persona.

In particolare, su ordine del commissario, dopo aver condotto il detenuto Mehdi all'interno della cella situata presso la sezione nuovi giunti, lo avrebbero ammanettato con le braccia dietro la schiena e poi lo avrebbero accerchiato mentre uno di loro lo avrebbe colpito con degli schiaffi sul volto e, dopo averlo scaraventato per terra, ancora con dei calci sul fianco sinistro. Successivamente, sempre su ordine del commissario, lo avrebbero di nuovo accerchiato e legato con del nastro adesivo apposto sulle caviglie, sulle ginocchia e sulle spalle nonostante fosse stato già ammanettato e, per evitare che il detenuto si dimenasse, uno di loro gli avrebbe messo un piede sul petto. Non solo, dopodiché lo avrebbero trascinato dentro la cella tenendolo per le spalle mentre veniva preso per la gola e minacciato dicendo: "sei un uomo di merda io ti rovino, sei solo un delinquente" e infine lo avrebbero spinto dentro la cella scaraventandolo sulla panchina.

Usiamo il condizionale, anche se alcune scene sono riprese dalle telecamere della videosorveglianza. E proprio in questi filmati si vede chiaramente che alcuni agenti penitenziari si sono resi conto delle violenze gratuite e hanno allontanato alcuni di loro. Complessivamente la persona offesa è stata tenuta ammanettata e legata con il nastro adesivo per tre ore, fino a quando non è stato trasferito nel carcere di Cuneo. Mentre si trovava all'interno della cella "nuovi giunti", Mehdi era stato anche visitato da due medici, come riferito dal detenuto e come risulta dai referti. La dottoressa, nel suo referto, dà atto del fatto che Mehdi era legato con il nastro adesivo, ma non aveva riscontrato la presenza di lesioni in quel momento, difformemente da quanto certificato al momento dell'arrivo del detenuto nel carcere di Cuneo. Sentita a sommarie informazioni ha precisato che "la mancata certificazione della contusione al torace sta ne/fatto che le ecchimosi o l'ematoma possono insorgere a distanza di 416 ore rispetto all'evento contusivo pertanto non l'ho riscontrato nell'immediato anche perché il paziente è stato immediatamente tradotto verso altra casa circondariale. Dunque è verosimile che i segni siano comparsi in un momento successivo".

Stesse violenze sarebbero avvenute nei confronti di un altro detenuto, Katcharava lraklia, tanto che i violenti colpi ricevuti gli hanno causato una "algia emicostato sx e mandibolare" e un verificabile trauma psichico sfociato in disturbo post-traumatico. Su ordine del commissario, un gruppo di agenti lo avrebbero trascinato fuori dalla cella d'isolamento scaraventandolo a terra. Lo avrebbero umiliato togliendogli i pantaloni e poi con un piede in testa per tenerlo fermo, gli sarebbe stata rivolta la seguente frase "qua noi facciamo così sono le nostre regole, merda". Lo avrebbero ammanettato con le braccia dietro la schiena, legato anche le caviglie e colpito su tutto il corpo dandogli anche degli schiaffi sul viso.

Stessa sorte nei confronti del detenuto Bourzaik Ossama. Lo avrebbero dapprima minacciato con i manganelli e, dopo averlo condotto nella cella sita nel corridoio della sezione nuovi giunti, lo avrebbero umiliavano facendogli abbassare i pantaloni e gli slip e facendogli alzare la maglia fino al collo appoggiandogli il manganello sotto il mento e sul corpo rivolgendogli la seguente frase "avanti forza parla cosa hai da dire ora". E lo avrebbero ancora minacciato dicendo "se reagisci ti lego con il nastro adesivo e ti porto via come un salame", dopodiché lo avrebbero messo con il volto contro il muro e lo colpito su tutto il corpo con manganelli, gomitate, calci, schiaffi e gli avrebbero tirato i capelli insultandolo con le seguenti frasi "marocchino di merda, tu non comandi qui" e ammonendolo dicendo "ti è bastato? con me non si scherza".

Si configura il reato di tortura? Come ben argomenta il GIP, in tutti e tre gli episodi contestati le condotte sono state ripetute, sebbene nel medesimo contesto cronologico. Quanto al dolo, viene sottolineato che non vi è nessun dubbio che vi fosse la consapevolezza di infierire sui detenuti. Si osserva che la componente psicologica è particolarmente evidente con riferimento ai fatti occorsi l'11 giugno del 2022. L'arrivo del detenuto Bourzaik Ossama, infatti, è stato preceduto da una attenta pianificazione e – come scrive il GIP nell’ordinanza, senza che vi fosse stata alcuna forma di resistenza da parte del detenuto, gli agenti lo hanno comunque circondato di sorpresa, armati di manganello, sopraffacendolo in maniera totale e immotivata. Anche con riferimento ai fatti occorsi il 321 luglio e 3 agosto 2022, per il Gip è evidente il dolo, trattandosi di condotte gratuite e finalizzate a terrorizzare e sottomettere i detenuti. Risultano, quindi, sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di tortura.

Ma se dovesse passare la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, questa condotta che avrebbero commesso gli agenti del carcere di Biella, sarebbe derubricata in reato di percosse o lesioni personali. Quindi, anche se formalmente il ministro Nordio dice che il reato di tortura non viene abrogato, nei casi in esame, di fatto, viene tolto eccome.