«Sulla magistratura è come se ci fosse un tappo». Luca Palamara alla fine trova l’immagine efficace: «Un tappo sulla verità, che però si deve far emergere: va chiarito cosa è stato davvero il sistema delle correnti. Ne sono stato un protagonista, ma non è possibile che si usi ancora il mio nome per compiere operazioni di facciata e dare l’impressione di un falso rinnovamento nell’associazionismo giudiziario». Ecco, l’intervista si conclude così, con una sintesi pesante eppure meritevole di essere ascoltata. Ma l’esordio della chiacchierata è più turbolento. La mattina presto l’ex presidente Anm Luca Palamara, radiato dalla magistratura ma in attesa di riparlarne alla Corte europea, vede in cima a tutte le rassegne stampa l’intervista concessa al Dubbio dalla dottoressa Rossella Marro, nuova presidente di Unicost, la corrente di cui proprio lui, Palamara, è stato leader per anni. Nella sintesi del titolo si legge: “Noi di Unicost non siamo complici di Palamara”. Nel testo, la magistrata esprime il concetto con enfasi assai meno accentuata di quanto chi scrive  faccia nel titolo: “Non si può parlare di una responsabilità collettiva del nostro gruppo associativo rispetto alle condotte per le quali Luca Palamara è stato condannato in sede disciplinare”. Tra “complici”, che in genere si usa per gli illeciti penali, e “corresponsabili”, più adeguato a un contesto disciplinare, c’è differenza, ne va dato atto sia a Marro che a Palamara. Ma appunto, l’intervista all’ex leader di Unicost e dell’Anm si chiude in un altro clima, anche se la prima frase di Palamara al telefono è «proprio dal Dubbio non mi sarei aspettato una rappresentazione del genere, uno scenario di complicità che non mi appartiene».

Titolo rumoroso, d’accordo. Ma la presidente Marro riconosce anche come le chat abbiano svelato una “consuetudine generalizzata”, che certo non riguardava solo Luca Palamara.

Sì, do atto alla dottoressa Marro di aver offerto una descrizione senz’altro meno negazionista di quanto sia avvenuto con il mio procedimento disciplinare. Ma sarebbe opportuno se a prendere la parola sulle spartizioni correntizie fossero i responsabili dei gruppi, che ne sono stati protagonisti come il sottoscritto, e che però diversamente da me esercitano ancora tutto il loro peso sull’attività delle correnti.

Non è bastato il suo libro, a far emergere le spartizioni?

Ancora oggi privati cittadini e magistrati esclusi da tutto mi chiedono: “Ma com’è possibile che comportamenti come quelli venuti fuori in questi due anni, pressioni e richieste di magistrati per ottenere e assicurare incarichi negli uffici giudiziari, non abbiano implicato accuse di traffico illecito di influenze, come sarebbe avvenuto a qualsiasi imprenditore che avesse tentato l’interlocuzione con un’amministrazione pubblica per ottenere un appalto? Perché l’imprenditore viene indagato per traffico d’influenze o corruzione e il magistrato no?

Appunto: perché?

Perché nella magistratura è scattato il meccanismo autoprotettivo della casta. Il consigliere Csm raccomandava il collega e compagno di corrente, il quale veniva a trovare il togato amico a Palazzo dei Marescialli e veniva da lui accompagnato in processione dai laici che avrebbero dovuto votare la nomina. Ma quel consigliere aveva l’impressione di aiutare semplicemente uno che faceva parte dello stesso gruppo. Anch’io la vedevo così. Non c’era la percezione dell’illecito. Ma vede, il punto è voler dimenticare, anzi glissare sul sistema e fare operazioni di facciata.

A cosa si riferisce?

Al fatto che ora la corrente di cui ho fatto parte, Unicost, provi ad accreditare un rinnovamento senza soffermarsi su quanto è avvenuto sia all’interno del gruppo, con l’elezione dei precedenti organi direttivi e con quella dei consiglieri Csm nel 2018, sia all’esterno, con le nomine che Unicost ha concordato con le altre correnti, in cui si sono verificati scambi, pressioni e richieste, che ovviamente ben conosco. Potrei raccontarle in dettaglio, ma credo sia preferibile lo facciano altri. Serve un’operazione verità, non riferirsi a me per far credere, in vista delle nuove elezioni per il Csm, che tutto sia nato e morto nella notte all’hotel Champagne.

Lei si assume la responsabilità di quanto dice, anche considerato che la dottoressa Marro ha rappresentato il quadro in maniera molto equilibrata.

Sì, ripeto, do atto che lei ha citato le chat emerse in seguito alle intercettazioni sull’hotel Champagne quali prova di come le spartizioni riguardassero tutte le correnti e certo non solo Palamara. Il punto è che i protagonisti di quelle spartizioni adesso devono parlarne.

Perché pensa sia urgente?

Dopo le intercettazioni sull’hotel Champagne sono saltati fuori verbali anonimi, magistrati indagati a Milano, video nascosti e poi riapparsi. Davanti a tutto questo cosa si fa? Ancora operazioni di facciata?

Ha la sensazione di essere il capro espiatorio col quale si vuol rimuovere il resto?

Sì, ma non sto a piangermi addosso. Ho abbozzato quando ero sotto processo disciplinare, adesso guardo avanti e voglio favorire una definitiva operazione verità. Lo chiedono tanti magistrati esclusi dal meccanismo delle nomine e che si aspettano un reale rinnovamento, anziché operazioni rievocative del Gattopardo.

Crede che il sistema del passato sia ancora in uso?

Lei crede di no?

Dopo quello che è successo?

Già sappiamo quali sono i pm e i giudici che si candideranno alle prossime elezioni, e per quali correnti.

Le si obietta: nessuno però aveva negoziato con un politico indagato in riferimento alla Procura che lo indagava.

Sono certo di poter ulteriormente evidenziare le ragioni della presenza di Luca Lotti quella sera, totalmente sganciate dai fatti e dalle vicende processuali che lo riguardavano. Ancora oggi aspetto qualcuno che mi spieghi perché Lotti poteva presenziare ad altre nomine.

Alla Cedu segnalerà la compressione del contraddittorio avvenuta nel processo disciplinare a suo carico?

Certo. Tra le incolpazioni c’era quella relativa all’esposto Fava e hanno escluso il dottor Stefano Fava dalla lista testimoni. Dubito che cose dal genere sembreranno normali alla Corte europea. Così come salterà agli occhi la scarsa imparzialità del collegio giudicante.

Scriverà la seconda parte del “Sistema”?

Certo che sì. Ci sono molte cose ancora da raccontare. C’è ancora un tappo, sulla realtà della magistratura: è evidente. Va tolto. Gli storici dell’antichità insegnano che per capire il presente si deve conoscere il passato. E nel passato ci sono tanti altri vertici delle correnti che si sono interfacciati con la politica, ad esempio. Nel corso di uno degli interrogatori a cui sono stato sottoposto mi è stato chiesto, in modo diretto: “I magistrati che lei ha aiutato l’hanno ringraziata?”. Ho risposto: escluse le persone vere e leali, normalmente il giorno dopo chi ha ricevuto il beneficio tende a rimuoverlo. Cosiddetta sindrome del beneficiato riottoso.