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Pantaloncini banditi per decreto. Per accedere al Tribunale di Avellino il «decoro» è un requisito fondamentale: anche con l’arrivo del caldo l’abbigliamento sportivo non sarà tollerato. A stabilirlo è lo stesso presidente del tribunale irpino, Vincenzo Beatrice, che ha richiamato «ogni usuario degli uffici giudiziari a dignitosi comportamenti». «In generale, dalla quotidiana esperienza risulta che le persone che accedono agli uffici giudiziari del circondario vestono abbigliamento adeguato al decoro degli uffici giudiziari e al rispetto delle funzioni nei medesimi svolte», si legge nel provvedimento varato ieri, con efficacia immediata. Quindi “l’atto di accusa”: «Tuttavia, con l’avvento della stagione calda si è constatato che sono comparsi all’udienza o si sono presentati presso gli uffici di cancelleria uomini abbigliati con pantaloni corti, ossia il cui margine inferiore non raggiunge la caviglia». Il divieto di indossare bermuda o gonne corte non ammette accezioni: avvocati, magistrati, utenti e personale, sono tutti invitati a un abbigliamento rispettoso, pena l’esclusione dal palazzo di Giustizia. Nel decreto affisso in Tribunale e pubblicato online, si dispone quindi che l’ingresso sia vigilato dal «personale addetto», incaricato di rispedire indietro chiunque indossi pantaloni corti. Le polemiche sul dress code estivo non sono certo una novità. Complice una temperatura sempre più torrida, ogni estate in tutta Italia cominciano a spuntare circolari e provvedimenti per regolare l’accesso agli uffici giudiziari. Uno dei casi più esilaranti risale a quale anno fa: durante un’udienza di fronte al presidente della Sezione civile del Tribunale di Trieste, in aula erano presenti due coniugi in fase di divorzio con i rispettivi avvocati. Dopo aver visto il look dell’uomo, un bermuda, il giudice gli ha intimato di allontanarsi e di cambiarsi d’abito. «Anche se non c’è una casistica specifica su ciò che si può o non si può indossare, è il codice di procedura ad attribuire al giudice il compito di garantire il rispetto del decoro durante l’udienza pubblica», ha precisato il magistrato. «Ho parlato con gli avvocati e mi sono lamentato del fatto che non avessero dato indicazioni di vestirsi in modo adeguato – ha detto -. Mi hanno assicurato di averlo fatto, ma la raccomandazione non era stata recepita. L’ho quindi invitato a tornare vestito in modo adeguato». Dopo essere stato allontanato, l’uomo si è cambiato i vestiti e si è ripresentato un’ora più tardi in aula. «Così abbiamo potuto procedere con l’udienza – ha aggiunto il giudice, specificando che non ci sono stati momenti di tensione con l’uomo -. L’apparenza è un modo per riconoscere il valore dell’istituzione e l’importanza della funzione che stiamo svolgendo nel nome del popolo italiano». Il richiamo ad un abbigliamento consono vale anche per i magistrati. Divenne virale nell’estate 2017 l’immagine del gip del Tribunale di Reggio Emilia, Giovanni Ghini, che faceva udienza in t- shirt rossa. Il magistrato, per sua stessa ammissione allergico alla cravatta, finì nell’occhio del ciclone e nei suoi confronti venne aperta anche una pratica al Consiglio superiore della magistratura.