Riportiamo di seguito l’intervento che Pasquale Grasso, giudice ed ex presidente dell’Anm, ha diffuso sulle mailing list della magistratura a proposito delle nuove norme sul processo civile, appena completate dal decreto legislativo pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. Sto studiando la riforma nella parte in cui rinnova il processo civile di primo grado, e ritengo che ci siano più previsioni lesive dell’autonomia e indipendenza dei giudici in questa riforma che in tutti i provvedimenti della politica che i magistrati hanno contestato (flebilmente) nel corso degli anni passati. Non riesco a esprimere in modo adeguato il mio dissenso nei confronti di questa riforma. Consapevole del fatto che alla redazione della stessa hanno partecipato, equamente distribuiti tra le correnti, magistrati ritenuti (immagino in sede ministeriale) più esperti della media. No comment. Mi crea scoramento l’incapacità assoluta dei magistrati (e quindi dei cittadini) di contrastare in modo efficace le aporie e insensatezze di questa inutile riforma. Tra le centinaia, evidenzio che - con il nuovo immaginifico elenco di adempimenti e scadenze inutili, con correlate fantascientifiche previsioni simil-divinatorie - le nuove norme sottoporranno i colleghi a rischi disciplinari immanenti, soprattutto negli uffici con grandi carichi di lavoro. Senza aggiungere una virgola a favore degli utenti, dei cittadini, né in termini di qualità né in termini di vera rapidità della risposta di giustizia. Dal lato dei magistrati, come detto, ci sarà un affannoso tentativo di rispetto di inutili forme e scadenze, nella paura del disciplinare. Paura giustificata perché sappiamo bene quanto l’umoralità delle decisioni disciplinari possa essere oscillante. E questo porterà i colleghi a coprirsi le spalle e a cercare rassicurazioni. E per converso i colleghi "strutturati" saranno ben lieti di offrire consiglio e appoggio ai giovani. Con buona pace di tutti discorsi sulla pervasività delle correnti e sull’esigenza di rinnovamento. Dal lato dell’avvocatura, la mancata rivolta mi appare incomprensibile. Il convenuto con la nuova procedura mi appare stritolato. L’attore si studia la causa e la relativa strategia per un anno magari. Poi il convenuto ha 50 giorni per preparare tutte le difese e poi iniziare uno slalom tra successivi termini: si costituisce; aspetta 15 giorni per vedere se il giudice conferma l’udienza; se la conferma, dopo 15 giorni deposita la prima memoria; dopo 20 giorni la memoria istruttoria; dopo 10 giorni la memoria di replica. Dopo altri 10 giorni va in udienza con il proprio assistito. Bahhh. E i cittadini si fanno illudere dall’ennesima riforma di bandiera. Dovremmo davvero protestare in modo epocale. Ma è appena finito un congresso Anm di autoincensamento. Devo confessare una cosa. Da tempo sono consapevole del fatto che la giustizia civile non conta nulla sia mediaticamente sia politicamente sia associativamente. E ne pagano le conseguente soprattutto le imprese, le famiglie, i cittadini inconsapevoli. Forse è arrivato per i magistrati il momento di chiedere la separazione delle carriere tra civile e penale. Così da recuperare il ruolo tecnico del giudice civile e magari evitare queste assurdità. Ho scritto separazione tra civile e penale, non tra giudice e pm. La riforma, ancora una volta come negli ultimi 20 anni, sottintende una visione fortemente burocratizzata della funzione del giudice civile e - diciamolo - una sfiducia sostanziale della sua capacità di gestione del processo.Visione che di fatto tanti giudici, forse per le problematiche sopra esposte, finiscono per condividere. Altrimenti saremmo tutti d’accordo nel dire che l’unica riforma sensata sarebbe applicare il cautelare uniforme a qualsiasi tipo di controversia: il giudice, tecnico del processo, lo fa procedere assegnando i termini che sono necessari e opportuni in relazione alla complessità della controversia nel rispetto del contraddittorio. Insomma, una riforma moderna doveva andare nella direzione opposta, potenziando – come detto da un collega che stimo - il case manegement, in base alla caratteristiche (contenuto, complessità, ecc.) del singolo processo. Rimaniamo invece il Paese ben descritto da Tomasi di Lampedusa.