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Eni
Come raccontato sul Dubbio da Simona Musco, l’Organizzazione per la cooperazione internazionale e lo sviluppo economico (Ocse) “è entrata a gamba tesa sull’indipendenza dei magistrati italiani”. E lo ha fatto “in due modi diversi: con un report nel quale bacchetta l’Italia per il basso numero di condanne nei processi per corruzione internazionale e una inusuale lettera scritta dal presidente del Gruppo di lavoro, Drago Kos, a sostegno di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, l’accusa nel caso Eni-Nigeria, oggi a processo per rifiuto d’atti d’ufficio”. Nonostante la gravità delle affermazioni contenute nel report, non ci sono state reazioni immediate né dal mondo della politica né da quello della magistratura. Solo su sollecitazione del Foglio, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ha minimizzato la questione sostenendo che «per noi non si pone un problema di lesione dell'indipendenza dei giudici». Di parere opposto Andrea Reale, esponente dell'Anm con i 101: «Premetto che non ho avuto ancora tempo di leggere il rapporto dell’Ocse e la lettera del presidente Kos. Ma se quello che ho letto sui giornali corrisponde al contenuto del report, ritengo che quelle dichiarazioni siano assolutamente inopportune perché rischiano di delegittimare la giurisdizione italiana, sia per quanto riguarda l’operato dei giudici sia per quanto concerne quello dei pubblici ministeri». Reale fa riferimento al fatto che la Procuratrice generale di Milano ha ritenuto di non dover appellare la sentenza di assoluzione di primo grado del processo per la presunta maxi-tangente Eni: «Essendo quello della Procura generale l’organo deputato all’impugnazione, qualora la sua decisione fosse quella di non fare ricorso nei gradi successivi di giudizio, essa andrebbe rispettata perché è una prerogativa prevista nel nostro sistema giuridico. Certo, contro il nostro sistema si possono esprimere delle critiche, anche da parte di organismi internazionali non governativi, ma esse non dovrebbero mai riguardare procedimenti specifici». Sul versante politico, l’onorevole Enrico Costa, vicesegretario e responsabile giustizia di Azione, ha annunciato che presenterà «una interrogazione al nuovo Guardasigilli non appena sarà insediato per evidenziare le singolari prese di posizione provenienti dall’Ocse, decisamente lesive dell’autonomia e indipendenza dei magistrati italiani. Non sta né in cielo né in terra che un organismo internazionale si permetta di contestare il numero di assoluzioni per il reato di corruzione internazionale, attribuendo la responsabilità al nostro ordinamento perché richiede una “prova solida” del fatto di reato (vorrebbero forse una prova flebile) ed ai giudici nella valutazione degli elementi di prova». Il parlamentare poi stigmatizza la mancata reazione del “sindacato dello toghe”: è ancora più grave da parte dell’Ocse «l’intromissione su procedimenti penali specifici con giudizi che solo l’Anm (forse abituata a difendere solo chi accusa e chi condanna) non ritiene lesivi dell’autonomia e indipendenza della magistratura». Dello stesso parere il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin: «Si tratta di una ingerenza inammissibile dell’Ocse nel nostro ordinamento giudiziario interno. L’efficienza della magistratura non si misura certamente nel numero di condanne emesse in merito ad una specifica tipologia di reato». Quindi per Zanettin tale anatema dell’organizzazione internazionale nei confronti dell’Italia «va respinto con forza al mittente. Noi siamo ben contenti di vivere in un sistema basato sull’oltre ogni ragionevole dubbio. Non si condanna se la prova non è solida. Un Paese come il nostro, di grande tradizione giuridica garantista, è inaccettabile che venga messo sotto accusa in questo modo». A proposito di accusa, il senatore conclude: «La critica da parte dell’Ocse è rivolta chiaramente alla magistratura giudicante. Invece dovrebbero chiedersi perché siano state mandate avanti delle imputazioni da parte della magistratura requirente che ha istruito un processo poi rivelatosi inconsistente, tanto che la stessa Procura generale ha rinunciato all’appello». «Non c’è prova di nessun fatto rilevante», aveva affermato la pg, secondo cui i motivi d’appello presentati da De Pasquale erano «incongrui, insufficienti e fuori dal binario di legalità». Per l’onorevole Andrea Delmastro Delle Vedove, responsabile giustizia di Fratelli d’Italia, «il tema è complesso. Per fortuna l’Ocse ha espresso delle considerazioni del tutto ininfluenti per il nostro sistema giudiziario». Il professor Giorgio Spangher, ex membro laico del Csm, ci dice: «Ormai da troppo tempo l’Europa, attraverso i suoi vari organismi, ci sta dicendo come dobbiamo amministrare la giustizia: dalla legge spazza-corrotti all’ultima riforma per diminuire l’arretrato, e ora ci accusano di assolvere troppo. Sono allibito, siamo sempre più un Paese a sovranità limitata. Quella dell’Ocse è una pesante ingerenza nell’autonomia e indipendenza della magistratura, che è un potere dello Stato. Noi abbiamo un grande sistema di legalità, a partire dalla nostra Costituzione. E quando si assolve, lo si fa spesso dopo il controllo di tre gradi di giudizio. Noi non siamo come gli Stati Uniti dove si patteggia per non rischiare il peggio». Spangher in conclusione si pone due domande, forse anche un po’ retoricamente: «Esistono troppe assoluzioni o c’è una assoluzione che a qualcuno non è piaciuta? E chi tira le fila di questi discorsi, chi è la manina che ha spinto l’Ocse a fare quelle dichiarazioni?». Al momento nessun commento da parte di Pd e Movimento Cinque Stelle.