«Penso che tendano a provare che il gruppo Falcone Borsellino ( e loro stessi) agì in sintonia assoluta coi Magistrati». (Il gruppo Falcone Borsellino è quello che si incaricò delle indagini su via D’Amelio). Chi parla così è l’avvocato Rosalba Di Gregorio, e si riferisce ai tre poliziotti rinviati a giudizio accusati del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. La prima udienza inizierà lunedì prossimo a Caltanissetta. Di Gregorio assiste come parte civile tre di coloro che subirono un ingiusto ergastolo a causa del depistaggio accertato dalla sentenza del Borsellino Quater. Per calunnia aggravata inizierà quindi il processo nei confronti dei poliziotti Fabrizio Mattei, Mario Bo, e Michele Ribaudo. L’avvocato Rosalba Di Gregorio si aspetta innanzitutto che sia riconosciuta la loro responsabilità. Con lei abbiamo parlato della travagliata vicenda processuale che ha portato all’assoluzione dei suoi assistiti, il probabile movente del depistaggio e dell’ipotesi, inquietante, che i proiettili ultimamente recapitati a personalità come il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone o al presidente della commissione Antimafia in Sicilia Claudio Fava, siano in realtà rivolti non sul caso Montante, ma proprio sulle indagini su Via D’Amelio.

Lei avvocato Di Gregorio assiste come parte civile tre di coloro che hanno subito una ingiusta detenzione anche a causa dei poliziotti Bò, Mattei e Ribaudo, oggi portati a giudizio a Caltanissetta con l’accusa di depistaggio, contenuta nella sentenza del Borsellino quater. Cosa si aspetta da questo processo? La condanna, o teme che ci sia il rischio che diventino i capri espiatori?

Mi aspetto tutto o niente. Intanto, il riconoscimento di responsabilità per cui la Procura di Caltanissetta ha chiesto il loro rinvio a giudizio. E poi, guardando le loro liste dei testi, penso che la citazione che loro fanno di tutti i Magistrati della Procura del tempo, tenda a provare che il gruppo Falcone Borsellino ( e loro stessi) agirono in sintonia assoluta coi Magistrati: una forma di difesa o, se si vuole essere maligni, anche una forma di attacco.

Parliamo del Borsellino quater, dove si cita anche una certa “irritualità”.

La sentenza del quater stigmatizza l’uso improprio, nei 2 processi Borsellino andati in revisione, dei criteri di valutazione delle prove: il metodo Falcone applicato all’incontrario. E questo richiamo vale anche per i giudicanti, ma ci sono anche rilievi pesanti ai colloqui investigativi, per tornare ai poliziotti e a chi li ha autorizzati. E naturalmente parliamo di quei colloqui che sono risultati “segnati” in carcere, annotati. Poi di colloqui ce ne sono stati altri ( a dire di Scarantino e non solo) non registrati nel carcere e non documentabili. Resta chiaro, per dirla con la dottoressa Boccassini, che, autorizzati o meno che fossero, il dominus di queste indagini doveva essere sempre il Pm che doveva coordinare l’attività della polizia giudiziaria.

Tornando alla storia di questi processi, voglio approfittare della sua conoscenza, visto che per tutti questi anni ha partecipato ai processi che riguardano le stragi di Capaci e di Via D’ Amelio. Facciamo qualche passo indietro, al primo processo.

Nel primo processo non c’ero, gli imputati erano Scotto, Orofino, Profeta e Scarantino. Poi si pente Scarantino e arrestano tanti altri, compresi i 5 che assistevo io ed è il processo Borsellino “bis”.

Per tutti questi anni lei ha sempre affrontato le anomalie di questo processo e le ha denunciate.

Noi come avvocati abbiamo sempre fatto denunce alla autorità, compreso al Csm e al Ministero della Giustizia, ma anche conferenze stampa; a nessuno interessò. Abbiamo anche fatto una riunione in pubblico di Camera Penale che fu registrata su Radio Radicale, dove io denuncio i fatti sui confronti e sulle accuse rivolte ai colleghi. A nessuno è interessato nulla.

Ora, avvocato Di Gregorio vuole ricordare quale è stata la svolta?

In Italia si cambia la verità se c’è un altro pentito; se parla un professionista non importa; è arrivato un pentito – e stavolta però fu riscontrato – davanti alla Procura di Caltanissetta, dove c’erano Sergio Lari, Nico Gozzo, Amedeo Bertone, Nicolò Marino, Stefano Luciani ( allora il più giovane). Per loro l’incontro con Spatuzza si può dire che fu una botta in testa, perché si resero conto che avrebbe demolito due processi, due sentenze di Cassazione. C’è stato questo lungo periodo, in cui la Procura ha analizzato a fondo le dichiarazioni del pentito e gli ergastolani iniziavano ad avere speranze. Fu il periodo in cui l’allora Procuratore Generale Roberto Scarpinato fece la richiesta di revisione della sentenza emessa sulla base delle dichiarazioni di Spatuzza.

Il Procuratore Generale di Caltanissetta dottor Scarpinato dunque accettò di avviare la richiesta di revisione, per coloro che avevano ricevuto una condanna sulla base di dichiarazioni calunniose?

Sì accettò, sul fatto che Scarantino era un calunniatore e che avesse ragione Spatuzza. A questo punto la Corte D’Appello di Catania sospese l’esecuzione di quegli ergastoli, parlando di errore giudiziario, ma volle per la revisione, almeno l’accertamento giudiziario della responsabilità di Spatuzza quale vero autore di quel furto dell’automobile, al posto dei pentiti calunniatori. Dopo tale accertamento, con la sentenza definitiva di Spatuzza per la strage del 19/ 07/ 92, si iniziò il processo di revisione. Poiché nel frattempo si celebrava a Caltanissetta il Borsellino quater, anche contro i tre falsi pentiti imputati di calunnia, a Catania furono riversati tutti i verbali del quater ( ed anche il dispositivo di sentenza di condanna dei calunniatori) e si andò finalmente all’assoluzione degli innocenti condannati ingiustamente. Nel frattempo, però, questi soggetti hanno dovuto pure scontare l’intera misura di prevenzione che era stata loro inflitta “da stragisti”. Ed è stato inutile chiedere al Tribunale M. P., presieduto dalla dott. ssa Saguto, che ne rivedesse la “pericolosità” dopo la scarcerazione, perché fra rinvii, riserva di decidere durata più di un anno, rigetto confezionato anche con “copia incolla” e tempi d’appello, hanno finito con scontare tutta la misura.

Le motivazioni del Borsellino quater sono interessanti, hanno accertato il depistaggio più grande della storia; la Corte fa anche accenno nelle motivazioni alle dichiarazioni di Giuffrè e al tema di mafia- appalti. Ci può dire per quale motivo?

In questo Borsellino quater sono confluite due diverse imputazioni: una è la calunnia, che poi è stata la parte principale del processo -; l’altra sono le imputazioni a Madonia, Salvatore Mario e a Tutino Vittorio per la strage perché, nella fase esecutiva, Spatuzza attribuiva responsabilità anche a Tutino e così, raccolti gli elementi, lo hanno portato a giudizio e la Corte lo ha condannato. Su Madonia è un discorso a parte, qui c’entrano le dichiarazioni di Giuffrè per questo motivo: si allude ad una riunione “auguri di Natale” dove secondo Giuffrè c’erano tutti i capi di mandamento, tra cui Riina. Il collaboratore Giuffrè racconta che Riina – “gelando tutti, disse: siamo arrivati alla resa finale”, appreso che il maxiprocesso sarebbe andato male in Cassazione. La resa finale era la messa in atto del progetto di uccidere Lima, Falcone e Borsellino. Nonostante Brusca e Cancemi ribadissero che la messa in atto del progetto stragista fu dopo l’esito del maxi, la Corte ha creduto a Giuffrè e pronunziato le condanne. Con queste parole di Giuffrè, nel quater, s’è condannato ora pure Madonia.

Vista la sua autorevole esperienza e accertato con la sentenza del Borsellino quater che c’è stato un depistaggio, quali sono secondo lei le ragioni che lo hanno determinato?

La sentenza stessa formula interessanti piste da percorrere, facendo anche riferimento alla tutela del mandante esterno. E per la verità, questo in esame è un periodo che, già nel 1989, vede una sorta di “spaccatura” dell’associazione stessa: ne parla vicine a Riina); ne parla Brusca ( che descrive anche lui, come Cancemi, riunioni di commissione ridotta a tre, quattro capi mandamento); c’erano state avvisaglie pure col complotto Puccio, e perfino il dott. Borsellino aveva, in una intervista, parlato di Riina e Provenzano come di “due pugili in lotta”. Se, come sembra, una parte di “zoccolo duro”, avesse deciso in sinergia di interessi con soggetti terzi, per la tutela di questi ultimi sarebbe stato facile sacrificare quegli associati che non si ritenevano più “affidabili”, mettendoli a coprire il posto dei soggetti esterni a cosa nostra, nell’esecuzione di fatti di strage. Spatuzza ne accenna, non solo per Borsellino, ma anche per le stragi del 93.

Lei, sempre avendo chiara la sua esperienza professionale e il bagaglio della conoscenza dei processi che nella storia si sono susseguiti a proposito delle stragi, si è fatta un’idea delle ragioni che potrebbero aver condotto

Ci saranno indagini, spero, e sentenze. Ma bisogna laicamente ripercorrere gli ultimi giorni del dottor Borsellino dopo la morte di Falcone. A me fa pensare tanto anche l’intervento del procuratore Borsellino a Casa Professa nel giugno ‘ 92.

Avvocato Di Gregorio, sappiamo che sono stati recapitati dei proiettili a Caltanissetta e pare che le minacce siano rivolte alle investigazioni sul caso Montante. Lei cosa ne pensa a proposito di questa interpretazione?

Indagano tre Procure ed hanno pure lettere di accompagnamento dei proiettili, che noi non conosciamo. Per logica, poiché sembrano “minacce” e non “punizione”, non dovrebbero riguardare processi già a dibattimento, ma indagini da completare e, devo dire che siccome nulla in Sicilia è come si vuol fare apparire, direi che le indagini siano su via D’Amelio. Ma è solo una mia impressione.