di Umberto Baccolo*

Sabato scorso la Prima sezione della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro aveva stabilito che l’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, attualmente agli arresti domiciliari, sarebbe dovuto tornare in carcere. La vicenda è lunga: Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nel contesto dell’inchiesta Rinascita Scott, è stato arrestato nel dicembre 2019.

Dopo un periodo in carceri di massima sicurezza, gli erano stati concessi i domiciliari per via delle sue condizioni di salute, ma da lì aveva scritto una lettera al ministro Mara Carfagna, come lui di Forza Italia, lettera finita nelle mani della giustizia e che aveva determinato il ritorno di Pittelli in carcere, a 69 anni. In quel momento si è costituito, su iniziativa di Enrico Seta, amico d’infanzia di Pittelli, un comitato che ha diffuso una lettera, pubblicata sul Riformista, nella quale tante persone che avevano conosciuto, frequentato, stimato Pittelli come uomo e avvocato incensurato dichiaravano che, nonostante le accuse, sarebbe stato giusto attendere la condanna definitiva prima di cambiare idea sull’uomo.

Un’iniziativa tra amici, che non intendeva contestare l’inchiesta: si chiedeva anzi a gran voce che Pittelli fosse presto processato in modo da potersi difendere in tribunale. Non si entrava nel merito delle motivazioni della misura cautelare: si chiedeva, soprattutto ai media, solo prudenza prima di condannare alla morte sociale una persona che, in quel momento, era semplicemente indagata, e di non distruggere la reputazione di un uomo prima della sentenza definitiva. Di rispettare, insomma, i principi fondamentali dello Stato di diritto e della Costituzione. Proprio per questo l’appello è stato ben recepito da molti che, pur non conoscendo Pittelli, credono in determinati principi: così le firme di pochi amici velocemente sono divenute tremila, comprese quelle di 29 parlamentari in carica.

Di lì a poco, il Tribunale di Sorveglianza avrebbe deciso che, per via dei mesi passati in carcerazione, Pittelli aveva compreso il suo errore e poteva tornare ai domiciliari. Nel frattempo il Comitato per Pittelli, viste le molte adesioni e il contesto, si era trasformato nel Comitato Riforma giustizia, con Seta presidente e il sottoscritto: non conoscevo Pittelli, ma avevo condiviso la battaglia, provenendo da Nessuno tocchi Caino.

La Procura però aveva subito presentato ricorso sulla scarcerazione, e il Tribunale del Riesame aveva dato ragione agli inquirenti. Il collegio difensivo di Pittelli, composto da Gian Domenico Caiazza, Salvatore Staiano e Guido Contestabile, era quindi ricorso in Cassazione, e l’udienza era stata fissata per il 15 luglio scorso. Noi del Comitato, durante questi ultimi passaggi, abbiamo scelto di restare in silenzio: uno dei punti fondamentali dell’appello era la fiducia nella magistratura. Noi crediamo nei magistrati, Pittelli ci crede e ha sempre chiesto di essere sottoposto al loro giudizio. Io stesso sono figlio di un magistrato penale, e per l’ordine giudiziario un rispetto assoluto.

Avevamo tenuto a riaffermare il principio per cui si è innocenti fino a sentenza definitiva, e a chiarire che non avremmo abbandonato Pittelli, che la gogna mediatica è un orrore, che le custodie cautelari devono avere tempi il più possibile brevi, e che si deve tenere conto di età e stato di salute nel decidere tra carcere e domiciliari. Poi abbiamo scelto di non assumere altre posizioni pubbliche per manifestare il nostro massimo rispetto nei confronti della magistratura e della sua libertà di giudizio.

Ora che la Cassazione, illuminata come spesso accade, ha deciso per annullare con rinvio l’ordinanza di ripristino della misura cautelare, si è avuta conferma che quella fiducia era ben riposta. Adesso Pittelli affronterà il processo, e si stabilirà se è colpevole o innocente: la cosa fondamentale, per noi, era che un 70enne con gravi problemi di salute non rischiasse di morire in custodia cautelare in carcere. La Suprema corte ha ritenuto che Pittelli, ai domiciliari, non fosse così pericoloso da giustificare un rischio enorme per la sua incolumità, mostrandosi illuminata e rispettosa di Costituzione e diritti umani. Noi solo questo chiedevamo, e ora sul tema possiamo ricominciare a tacere. (*Portavoce del Comitato Riforma Giustizia, componente del Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino)