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Il ricorso dell’aggiunto milanese contro la nomina di Viola: «Il caso Palamara usato contro di me in modo calunnioso». Ma la V Commissione chiede al Consiglio di “resistere”
La Commissione direttivi del Csm “difende” la nomina di Marcello Viola a procuratore di Milano. Il plenum è infatti oggi chiamato a votare la proposta di resistere ai ricorsi al Tar presentati dai due candidati sconfitti, ovvero il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e l’aggiunto meneghino Maurizio Romanelli. Due ricorsi separati, che la V Commissione chiederà ai giudici amministrativi di trattare unitamente, contestando l’infondatezza dei motivi di ricorso. Motivi che si basano, nel caso di Amato, su una presunta errata comparazione delle esperienze, mentre nel caso di Romanelli le questioni fondamentali sono due: i riferimenti in plenum al caso Palamara e una presunta errata valutazione della decisione con la quale il Tar ha bocciato la nomina di Michele Prestipino alla procura di Roma, dando ragione proprio a Viola.
Continuano, dunque, ad avvelenare le vicende consiliari le scorie dello scandalo Palamara, che proprio in occasione della nomina alla procura capitolina avevano provocato un dietrofront del Csm - poi dichiarato illegittimo sulla ormai certa investitura di Viola. All’epoca, infatti, il nome dell’allora procuratore generale di Firenze fu tirato in ballo durante la famosa cena all’Hotel Champagne come “prescelto” per il dopo Pignatone. Ciò avvenne, però, all’insaputa dello stesso Viola, che pagò quelle parole nonostante fosse estraneo ai fatti. Ora, invece, è Romanelli a lamentare un inquinamento del dibattito proprio in relazione alle manovre di Palamara sulle nomine delle procure italiane. Il procuratore aggiunto di Milano ha infatti citato le parole del togato Nino Di Matteo, che avrebbero introdotto «un elemento a suo carico nuovo e calunnioso rispetto al quale è mancato il contraddittorio». Si tratta del riferimento «alla presunta condotta scomposta tenuta da un magistrato nei confronti del dottor Palamara per perorare la conferma della nomina quale procuratore aggiunto presso la Procura nazionale antimafia» di Romanelli, elemento mai emerso nei lavori della Quinta Commissione e mai contestato dagli organi disciplinari del Csm. A trattare la vicenda era stato solo un articolo de “Il Giornale” del 27 luglio 2020, finalizzato comunque a sottolineare come Romanelli «fosse stato vittima del “sistema Palamara”». Secondo il magistrato, dunque, «l’accostamento operato in plenum alle vicende che hanno coinvolto il dottor Palamara in assenza di contraddittorio» avrebbe provocato una «manifesta disparità di trattamento tra i candidati», dal momento che mentre Viola «ha potuto dimostrare la sua estraneità rispetto all’interessamento mostrato nei confronti della sua persona dal dottor Palamara, da alcuni consiglieri del Consiglio superiore e da due parlamentari, il dottor Romanelli si è visto pregiudicare dalle predette dichiarazioni rese in plenum prima del voto, senza potersi difendere», condizionando in qualche modo la valutazione del Consiglio.
Un’accusa infondata, secondo l’ufficio studi del Csm, che rispolvera il verbale di quella seduta: Di Matteo, infatti, non avrebbe fatto alcun riferimento a condotte scorrette tenute da Romanelli, ma solo alla circostanza «che lo stesso fosse stato oggetto, analogamente al dottor Viola, di un interessamento di un magistrato con riferimento alla sua conferma nell’incarico di procuratore aggiunto presso la Pnaa». E ciò solo perché nella proposta a favore di Romanelli la vicenda dell’Hotel Champagne era stata utilizzata come elemento per ritenere meno adatta alla nomina la figura di Viola. Di Matteo, dopo avere ricordato che non è mai emersa alcuna prova del coinvolgimento dell’attuale procuratore milanese nelle manovre per il dopo Pignatone, «si è limitato a dichiarare che avrebbe preferito, proprio in virtù della estraneità del dottor Viola rispetto a quegli accordi, non trovare i passaggi relativi a tale vicenda nella proposta formulata in favore del dottor Romanelli “perché allo stesso modo sarebbe allora da evocare quanto risulta da atti che riguardano il dottor Romanelli e il dottor Amato, atteso che il dottor Romanelli è colui in favore del quale un magistrato della Direzione nazionale antimafia si muove in maniera quantomeno scomposta con il dottor Palamara, in quel momento non più membro del Consiglio ma autorevole esponente della corrente Unicost, affinché il Csm, dopo il rinvio del Consiglio di Stato, lo confermasse Procuratore aggiunto della Procura nazionale antimafia”». Nessuna accusa, dunque, nei suoi confronti, bensì una difesa per fatti rispetto ai quali tanto Viola quanto Romanelli risultavano estranei. La discussione potrebbe però infiammare il plenum di oggi, alla luce delle diverse valutazioni operate dal Consiglio proprio in relazione ai casi connessi alla vicenda Palamara.