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«Apprendo dagli organi di stampa di essere indagato per un reato grave e infamante. Sto facendo chiedere alla Procura di Perugia di essere immediatamente interrogato perché voglio mettermi a disposizione per chiarire ogni questione che direttamente o indirettamente possa riguardare la mia persona». Così ieri Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e fino allo scorso settembre membro del Consiglio superiore della magistratura, finito nell’occhio del ciclone per una presunta corruzione relativa alla nomina del nuovo procuratore della Capitale. L’indagine aperta a Perugia ipotizzerebbe manovre per appoggiare Marcello Viola, attuale procuratore generale di Firenze, al posto di Giuseppe Pignatone, da inizio mese in pensione per sopraggiunti limiti di età. La nomina di Viola, secondo il quotidiano Repubblica che ha riportato la notizia, garantirebbe un ritorno alla “tradizione”, costringendo la magistratura a stare “un passo indietro alla politica”, e soprattutto “azzerando” l’eredita di Pignatone negli uomini e nelle prassi e nella “cultura investigativa”.
Ma chi “comanda” effettivamente nella Procura di Roma, ufficio giudiziario per il quale venne coniato l’infelice appellativo di “porto delle nebbie” per le numerose inchieste di cui si perdevano le tracce? Dove la normalità erano i fascicoli spariti, dimenticati sugli scaffali in attesa della prescrizione, o addirittura mai iscritti. La Procura di Roma “vale almeno due ministeri”, dicevano gli addetti ai lavori. Ed in effetti è vero. Basti pensare alla possibilità, assiduamente esercitata negli anni, di rivendicare la competenza territoriale su quasi tutte le indagini riguardanti il mondo politico ed economico.
Leggendo le cronache giornalistiche degli ultimi anni si scopre che le indagini più importanti sono state condotte dal tandem Paolo Paolo Ielo- Mario Palazzi: da quelle su Consip a quelle sul sindaco Virginia Raggi ed i suoi stretti collaboratori, passando per Mafia Capitale e lo stadio della Roma. Sono loro due, i pm di maggior fiducia di Pignatone, gli assegnatari dei procedimenti che hanno condizionato la realtà capitolina di questo periodo. Ielo e Palazzi vengono indicati come toghe progressiste. E sono proprio le toghe progressiste quelle che hanno deciso di puntare sul procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, come successore di Pignatone. Viola, invece, è appoggiato da Magistratura indipendente, la sua corrente, da Piercamillo Davigo ( Autonomia& Indipendenza), Emanuele Basile ( laico della Lega) e Fulvio Giglioti ( M5S).
L’indagine su Palamara pare, da fonti di Palazzo dei Marescialli, essere molto risalente. Già nella scorsa consiliatura del Csm era nota l’esistenza di fascicolo a suo carico nel capoluogo umbro. Quello che ha sorpreso molti è la tempistica dell’articolo: all’indomani della notizia che Palamara ha fatto domanda, oltre che per aggiunto alla Procura di Roma, anche per diventare il nuovo garante nazionale della Privacy.
Asettico il comunicato di Unicost, la corrente di cui Palamara è esponente di punta: “Auspichiamo la massima celerità degli accertamenti affinché sia fatta piena luce sugli episodi oggetto dell’inchiesta, ribadendo che le prime vittime degli ipotizzati illeciti, laddove provati, sarebbero i magistrati italiani e tra questi gli aderenti ad Unità per la Costituzione, che del non collateralismo ad occulti o palesi centri di potere hanno da sempre fatto la loro bandiera”.
Se c’è qualcosa di sostanzioso o è solo una polpetta avvelenata si saprà nei prossimi giorni.