Il Csm tira un sospiro di sollievo. Abbassando la serranda fino al 6 settembre, giorno in cui i consiglieri torneranno a Palazzo dei Marescialli trovandosi per le mani i dossier per decidere le nomine negli uffici più importanti del Paese: da Roma a Milano, passando per la Direzione nazionale antimafia e tra le altre anche le poltrone delle procure di Palermo, Pescara e Bari. Il clima è teso: il plenum, negli ultimi mesi, si è più volte spaccato, proprio perché il Csm, secondo alcuni, si è dimostrato incapace di cambiare pelle dopo gli scandali interni alla magistratura. La prova, secondo togati come Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, viene dalla decisione di aderire al ricorso di Michele Prestipino, procuratore spodestato dal regno di Roma, contro la decisione del Consiglio di Stato, che ha dichiarato illegittima la sua nomina.

Se la Cassazione "assolve" il Sistema...

E il motivo di tale adesione è la volontà di impedire la limitazione di quel potere discrezionale venuto clamorosamente fuori con il caso Palamara, potere al quale Palazzo Spada ha messo un argine, indicando ai consiglieri superiori i criteri per le nomine. Il no del Csm, secondo Ardita, è apparso come un controsenso: dopo la stagione degli scandali e dello strapotere delle correnti, muoversi con più cautela sarebbe stato il minimo. Ma a piazza Indipendenza in molti sembrano essere di parere contrario. Anche perché la recente decisione delle Sezioni unite civili della Cassazione, che ha confermato la radiazione dell’ex zar delle nomine Luca Palamara, attribuendo alle sue gesta «motivazioni personali», sembra assolvere tutto il “Sistema” che pure l’ex capo dell’Anm ha descritto nei minimi dettagli.

I nodi di Roma e Milano

Il fascicolo più caldo è di certo quello di Roma. Allo stato al Csm tutto è fermo. La quinta Commissione, deputata al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, ha deciso di non decidere, anche in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato sul ricorso del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, anche lui intenzionato a sfilare la poltrona a Prestipino. La decisione dovrebbe arrivare a settembre, ma intanto il candidato più forte, almeno sulla carta, sembra rimanere Marcello Viola, esponente di Magistratura Indipendente, fresco dell’ennesima pronuncia dei giudici amministrativi che hanno respinto la richiesta di sospensiva di Prestipino.

Il caso di Marcello Viola

I difensori del procuratore generale di Firenze, Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, hanno dunque invitato il Csm «a riattivare – in esecuzione delle pronunce del giudice amministrativo - il procedimento volto alla nomina» del procuratore di Roma, «procedendo, previo il necessario concerto ministeriale, a sottoporre al plenum le proposte originariamente formulate dalla V Commissione in data 23 maggio 2019». Ovvero nominare Viola come procuratore di Roma, scelta poi annullata dopo lo scandalo delle nomine scoperchiato dall’affaire Palamara. Gli avvocati di Viola sarebbero pronti a mettere in mora il Csm. Che invece rimane aperto a qualsiasi opzione, anche in attesa di sapere cosa dirà la Cassazione sui limiti di discrezionalità del Consiglio sulle nomine. Ma i nomi di Viola e Lo Voi sono in ballo anche altrove.

Il favorito per la procura di Milano

Viola, infatti, è tra i favoriti per la Procura di Milano, travolta dalla vicenda Eni e dal caos dei verbali di Amara. Assieme a lui in pole position c’è Giuseppe Amato, procuratore di Bologna ed esponente di Unicost, la corrente di centro delle toghe. Tra gli altri sette pretendenti spicca un solo interno: l’aggiunto Maurizio Romanelli, nome sul quale punta Area, corrente della magistratura progressista della quale fa parte anche l’attuale procuratore Francesco Greco e che rappresenterebbe, dunque, la “continuità” con la sua gestione. Ma proprio la pronuncia del Consiglio di Stato sulla Capitale potrebbe rendere il suo percorso ancora più in salita. Senza contare che Greco, attualmente, risulta il grande “sconfitto” delle ultime tribolazioni delle toghe: la recente decisione del Csm di non trasferire il pm Paolo Storari, accusato di gravi scorrettezze nei confronti del procuratore per aver consegnato i verbali di Amara a Piercamillo Davigo lamentando una gestione poco trasparente del caso, nonché l’indagine a suo carico a Brescia proprio per aver ritardato le indagini sulla presunta “Loggia Ungheria”, fanno di Greco un uomo sempre più solo, data anche la solidarietà di quasi tutto il suo ufficio a Storari.

Le critiche del Csm

A ciò si aggiungono le critiche del Csm all’organizzazione del suo ufficio, che il 3 marzo 2020 ha anche lamentato, con una lettera sottoscritta da 27 magistrati, la mancanza, nel progetto organizzativo stesso, di una indicazione e di un’analisi particolareggiata dei dati statistici relativi allo stato delle pendenze e ai flussi di lavoro. A ciò si aggiunge la sproporzione tra le attribuzioni e il numero delle assegnazioni dei magistrati addetti al dipartimento reati economici transnazionali (cioè quello che ha indagato su Eni) rispetto al numero di magistrati assegnati ad altri dipartimenti che trattano reati gravi. Greco, secondo quanto riporta il decano della giudiziaria milanese, Frank Cimini, ha dal canto suo deciso di non anticipare la pensione, ma di concedersi ferie più lunghe, evitando un ambiente che, stando ai più, risulta ormai impraticabile. E nel frattempo, la gestione dell’ufficio è in mano all’aggiunto con più anzianità di servizio, Riccardo Targetti.

La corsa per la Dna

Quanto a Lo Voi, il suo nome potrebbe essere in lizza anche per la procura nazionale, posto che verrà messo a bando in autunno. Sul risiko delle nomine la discussione è rinviata a settembre, ma intanto spuntano i primi possibili candidati. Il nome vincente, stando ai rumors, sarebbe quello di Giovanni Melillo, attuale procuratore di Napoli, che ha già rinunciato alla corsa per Milano, così come ha fatto anche il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. Entrambi, ora, potrebbero puntare alla poltrona di via Giulia, ma in un’ipotetica competizione tra i due l’attuale procuratore di Napoli potrebbe farsi forte anche di un passato come capo di gabinetto dell’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nel governo Renzi.

Gratteri vs Melillo

La candidatura di Gratteri appare quasi come inevitabile, dopo oltre quattro anni trascorsi nel capoluogo calabrese. Ma se lo sfidante fosse Melillo i giochi si complicherebbero: «L’attuale procuratore di Napoli vincerebbe ovunque», si mormora tra i suoi colleghi. Lui, per il momento, non avrebbe preso alcuna decisione, essendo troppo presto per pensarci. L’alternativa a lui sarebbe, appunto, una eventuale nomina di Lo Voi, non sgradita anche all’ex capo della procura capitolina Giuseppe Pignatone (che secondo il racconto di Palamara sarebbe anche l’artefice della sua nomina a Palermo) e la rinuncia di Prestipino, che invece potrebbe prendere il suo posto in Sicilia. I nomi in lizza sono tutti autorevoli, a fronte di un Csm, invece, in difficoltà e indebolito dagli scandali. E il capitolo “correnti” è ancora tutto da scrivere. «Ognuno ha le proprie simpatie e le proprie preferenze - confida una fonte del Csm -. È sempre il plenum a decidere e le nomine non sono appannaggio delle correnti, ma è certo che se ci sono affinità culturali di un certo tipo allora è inevitabile che vengano valorizzate...».