La Giunta per le autorizzazioni alla Camera dice no all’utilizzo delle
intercettazioni di
Cosimo Ferri. Con tutti i partiti della compagine governativa compatti - insieme anche a Fratelli d’Italia - nel negare al Csm l’utilizzo del materiale intercettato, posto alla base del procedimento disciplinare a carico del deputato di Italia Viva ed ex magistrato, tra i partecipanti alla cena all’Hotel Champagne con
Luca Palamara. Tutti eccetto il M5S, che ha rivendicato la propria difesa a spada tratta della spia che ha terremotato la magistratura.
Caso Ferri in Aula a febbraio
La vicenda arriverà prevedibilmente entro febbraio in Aula, dove i partiti si ritroveranno ad andare oltre i tecnicismi analizzati in queste settimane dalla Giunta giocando una partita politica, parallela a quella che, in Senato, si svolgerà per
Matteo Renzi, deciso invece a non chiedere alcuna immunità in relazione all’inchiesta sulla
Fondazione Open. Difficile, in linea di principio, immaginare che a Montecitorio si possa arrivare a una scelta diversa da quella proposta dalla Giunta. Ma rimane la possibilità del voto segreto, come ricordato da chi, al termine della seduta, si è affrettato a chiarire che quella di ieri non è stata una scelta politica, quasi a voler giustificare la propria linea. A votare il diniego, infatti, sono stati anche il Partito democratico (nel quale Cosimo Ferri militava all’epoca delle intercettazioni) e LeU.
La posizione del Pd su Cosimo Ferri
«La nostra è stata una valutazione di ordine tecnico-giuridico, se potessero ritenersi casuali queste intercettazioni e captazioni su Cosimo Ferri - ha commentato il dem e vice presidente della Giunta delle autorizzazioni della Camera,
Alfredo Bazoli -. La nostra conclusione è stata che, secondo noi, ci sono molti elementi che fanno presumere che non fossero casuali, che ci fosse una presunzione di consapevolezza degli inquirenti che a queste conversazioni captate tramite trojan partecipasse anche Ferri nell’ambito dell’indagine che poteva riguardare anche lui. Questo ci ha fatto propendere per la decisione di non consentire l’autorizzazione, perché abbiamo ritenuto si tratti di intercettazioni non casuali ma indirette». Dello stesso tenore la dichiarazione di
Federico Conte, di Leu: «È stata una decisione squisitamente tecnica sulla base di un ponderoso incartamento ed in linea con le norme sull’utilizzabilità» delle intercettazioni «per i parlamentari e in linea con le sentenze della Corte costituzionale». Insomma, una sottolineatura che lascia supporre un certo imbarazzo, dati i rapporti tesi tra i dem e il partito di Renzi.
Il M5S dice sì alle intercettazioni
A dire di sì sono stati solo i tre deputati presenti sui cinque totali del
Movimento 5 Stelle, numeri, secondo alcuni membri della Giunta, significativi. «Abbiamo votato contro perché, a nostro avviso, le intercettazioni che riguardano Cosimo Ferri sono casuali e lo riguardano come magistrato, non come politico. L’indagine era quella su Palamara, dove Cosimo Ferri non è mai entrato nel perimetro dell’atto di indagine», ha dichiarato il grillino
Eugenio Saitta al termine della discussione, confermando le dichiarazioni già rilasciate a inizio mese, in Giunta, dalla collega
Carla Giuliano. A motivare il sì degli altri partiti, invece, la convinzione che fosse palese la non casualità delle intercettazioni, dato che il famoso incontro all’Hotel Champagne, dove si discusse della successione di
Giuseppe Pignatone alla procura di Roma, era stato preceduto da diverse telefonate e che Ferri era stato identificato già due mesi prima rispetto a quella cena. Era, dunque, prevedibile la necessità di spegnere il trojan data la presenza di un parlamentare, così come anche stabilito dalle indicazioni inviate dalla procura alla polizia giudiziaria. «È stata acclarata la non casualità proprio sulla base degli atti di indagine trasmessi alla Giunta stessa. Da relatore, ho cercato di non far entrare la politica in questa vicenda, ma solo l’applicazione delle regole scritte e dei principi costituzionali», ha dichiarato all’Adnkronos
Pietro Pittalis, parlamentare di Forza Italia. È stato lui a proporre, già nelle scorse settimane, di non dare il via libera all’utilizzo degli audio, convinzione maturata a seguito della lettura della memoria depositata da Cosimo Ferri, che a fine ottobre è stato audito evidenziando tutte le storture del caso.
Cosa contesta Cosimo Ferri
La convinzione del deputato, infatti, è che
la procura di Perugia fosse interessata anche a lui, nonostante il suo nome non fosse formalmente iscritto sul registro degli indagati e nonostante il divieto di intercettare i parlamentari senza l’ok della Camera d’appartenenza. Le intercettazioni, a suo dire, sarebbero dunque illegittime: il suo nome compare infatti 341 volte nelle varie richieste di proroga delle intercettazioni telefoniche, delle quali 107 in una sola richiesta antecedente la cena all’Hotel Champagne del 9 maggio 2019, a partire da febbraio. Ed è certo, come risulta dalla dichiarazione del maresciallo della Guardia di Finanza
Fabio Del Prete, ascoltato come testimone nel procedimento disciplinare a carico degli ex consiglieri del Csm presenti a quella cena, che «la sua identificazione avviene almeno a partire dal 12 marzo 2019». Insomma, secondo Ferri, da allora diviene, «insieme a Palamara, l’oggetto pressoché esclusivo delle attenzioni dei pm perugini». Ma secondo il Csm, le numerose intercettazioni, i pedinamenti, le fotografie, i rapporti degli investigatori sarebbero «insufficienti» per stabilire che fosse proprio lui l’oggetto delle indagini. «Non ho nulla da aggiungere alla completa relazione approvata dalla Giunta con ampia maggioranza - si è limitato a dire Ferri al termine del voto -, ho cercato sin dall’inizio di rappresentare alla stessa questioni di natura giuridica e fattuale. Confido che anche in Aula prevalga il giudizio tecnico giuridico formulato dalla Giunta».