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garantismo marta cartabia
Si dice: viene prima l’economia, il dato ineluttabile del bilancio, il vincolo contabile e magari comunitario. Poi, forse, la politica. Verità difficile da accettare. Ma bisogna farci i conti, se è vero – e si tratta di una verità che col passare delle ore diventa sempre più incontestabile – che persino nel politicissimo campo della giustizia a imporsi sono i numeri della Manovra piuttosto che i propositi dei partiti.
Nella legge di Bilancio bollinata ieri c’è, sì, un giallo relativo ai risparmi sulla polizia penitenziaria. Però ci sono investimenti strettamente connessi alla riforma Cartabia, in particolare i 5 milioni per la giustizia ripartiva, che un po’ smentiscono l’idea di un’insofferenza latente da parte di Fratelli d’Italia e, in parte, Lega, rispetto alla politica giudiziaria del governo Draghi. È vero, la stessa Giorgia Meloni, nella conferenza stampa con la quale il 31 ottobre ha illustrato il decreto 162, in cui sono confluiti anche l’ostativo e il “reato di rave”, ha detto di aver dovuto rinviare la riforma penale della ex guardasigilli anche per evitare il rischio che, «nelle more dell’applicazione» di quel provvedimento «una serie di detenuti uscisse dal carcere». E nei giorni scorsi su queste pagine si è dato conto del progetto, che vede impegnata Fratelli d’Italia, di un restyling da attuare sul testo dell’ex ministra in modo da stemperarne alcuni effetti deflattivi in ambito penitenziario.
Intanto, nella Manovra di Meloni, si dà più forza ai percorsi “riparativi”, che incidono seppur parzialmente anche sulle pene, e soprattutto non c’è traccia di tagli sull’esecuzione penale esterna, né sugli uffici, noti con l’acronimo “Uepe”, preposti alla gestione delle pene extracarerarie. Si dirà: sì, non tagliano, ma neppure finanziano. E però il discorso è che quel particolare aspetto della riforma Cartabia è già stato finanziato dall’esecutivo Draghi. Più precisamente, con il decreto 36 del 2022 gli “Uepe” sono stati dotati di 1.092 nuove unità di personale, e hanno visto così duplicata, di fatto, la loro struttura. Non ci si possono permettere – e questa è un’altra verità che da qualche giorno sembra profilarsi all’orizzonte del nuovo governo – dietrofront sulle misure garantiste del precedente esecutivo, perché quei provvedimenti sono strettamente connessi al Pnrr: hanno un valore deflattivo sia rispetto al carico dei procedimenti penali sia, almeno indirettamente, sul sovraffollamento delle carceri.
Certo, il nuovo guardasigilli Carlo Nordio interverrà, come prospettato da Meloni, per disinnescare gli effetti immediati della norma che dispone, per reati come il furto e la truffa, la perseguibilità solo a querela. Si proverà a evitare, nell’immediato, la scarcerazione di chi è accusato per quelle fattispecie. Intanto la giustizia di Cartabia e Draghi resta lì, neppure scalfita e anzi rafforzata dalla Manovra, con tutto il suo peso di lasciapassare per i fondi Ue. Conta sì la politica, ma contano pure i numeri che l’esecutivo dell’ex vertice Bce ha saputo mettere in fila benissimo.