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di Antonio Decaro Sindaco di Bari e presidente dell'Anci In Italia sta avvenendo un fenomeno strano. In tanti comuni, piccoli e grandi, i cittadini, le associazioni, i partiti sono alla disperata ricerca di qualcuno che voglia candidarsi a sindaco. Il candidato sindaco, esemplare un tempo molto diffuso, pare sia a rischio estinzione. Però, se consideriamo gli ultimi fatti di cronaca, come quello che ha riguardato la collega sindaca di Crema Stefania Bonaldi, indagata per un incidente che ha visto coinvolto un bambino in un asilo nido comunale, come potremmo biasimare chi, in questi giorni, rifugge anche dall'idea di una possibile candidatura? Io, però, non voglio arrendermi e, da rappresentante di tutti i sindaci italiani, ho pensato di scrivere ai non-candidati.So bene il perché non volete candidarvi. Non volete farlo perché qualsiasi cosa accada nel vostro Comune sarà vostra responsabilità. Ogni volta che proverete a pedonalizzare anche solo un isolato stradale, vi troverete a lottare contro la burocrazia dell'adempimento formale che vi farà perdere tempo, pazienza e buon umore. Non volete candidarvi perché vi hanno detto che ogni firma che metterete in calce a un provvedimento è un potenziale avviso di garanzia per il reato di abuso, così come le firme non messe potrebbero avere lo stesso effetto per il reato di omissione. E si sa, un avviso di garanzia, con la conseguente gogna mediatica, fa perdere la serenità per mesi, spesso anni.Non volete candidarvi perché vi hanno detto che per i cittadini se un ospedale non funziona, se aumentano gli scippi, se la gente getta i rifiuti per strada, se piove, se fa troppo caldo, se la squadra cittadina retrocede è sempre e solo colpa del sindaco. Bene, tutto quello che vi hanno detto è vero. Tragicamente vero.Ma io che faccio il sindaco della mia città da sette anni posso dirvi che a questo racconto a senso unico, manca qualcosa. Qualcosa che non è scritto nel testo unico sugli enti locali, né nei i trattati di politica o di pubblica amministrazione. Manca quello che si prova indossando la fascia tricolore. Quello che si prova quando un bambino, durante la recita di Natale, si avvicinerà per chiedervi di parlare con Babbo Natale per avere una giostrina nel parco sotto casa sua, quando una ragazza si rifugerà nell'ufficio del sindaco per chiedergli di intercedere con i suoi genitori che l'hanno allontanata perché lei ama una donna. Quello che si prova guardando occhi e bocche spalancate dei cittadini nell'ammirare stupiti un teatro restaurato o un museo recuperato. In quei momenti l'orgoglio di indossare quella fascia può farti fare di tutto, anche improvvisarti guida turistica, come ho visto fare una volta al sindaco di Rimini, Andrea Gnassi. Fare il sindaco può farti vivere un’emozione grandissima come quella che ha provato il collega Marco Bucci quando ha inaugurato il nuovo ponte dimostrando che questo Paese è capace di rialzarsi anche dopo una immane tragedia.È quello che si prova quando si fa la cosa più bella del mondo: cambiare in meglio la vita dei cittadini. Nessuno più del sindaco può farlo. Non c'è nulla che dia più soddisfazione.Cara non candidata, caro non candidato, ripensaci. Candidati a fare il mestiere più bello del mondo. E se ti stai chiedendo: “Ma ne vale la pena?”, la risposta è sempre la stessa. Sì, ne vale la pena. Ne vale la pena sempre, perché questo è il nostro Paese, è l’Italia in cui siamo nati e siamo cresciuti, è l’Italia che ha bisogno dei sindaci, è l’Italia che troppe volte si appoggia su di noi e poche volte ci ringrazia, è l’Italia che però noi non possiamo mollare.“Dei remi facemmo ali al folle volo”, così Dante scriveva di Ulisse che incitava i suoi alla conquista del mondo sconosciuto. Questa frase spesso mi ha accompagnato nelle mie scelte. Perché ogni giorno forte è la convinzione che la fatica di remare, contro le difficoltà quotidiane, può trasformarsi nella gioia di volare e di raggiungere un nuovo traguardo, piccolo o grande che sia. Per gli occhi di quel bambino della recita di Natale e per il sorriso di quel nonno in smoking all’inaugurazione del teatro comunale. Ne vale la pena. Sì. In Italia sta avvenendo un fenomeno strano. In tanti comuni, piccoli e grandi, i cittadini, le associazioni, i partiti sono alla disperata ricerca di qualcuno che voglia candidarsi a sindaco. Il candidato sindaco, esemplare un tempo molto diffuso, pare sia a rischio estinzione. Però, se consideriamo gli ultimi fatti di cronaca, come quello che ha riguardato la collega sindaca di Crema Stefania Bonaldi, indagata per un incidente che ha visto coinvolto un bambino in un asilo nido comunale, come potremmo biasimare chi, in questi giorni, rifugge anche dall'idea di una possibile candidatura?Io, però, non voglio arrendermi e, da rappresentante di tutti i sindaci italiani, ho pensato di scrivere ai non-candidati.So bene il perché non volete candidarvi.Non volete farlo perché qualsiasi cosa accada nel vostro Comune sarà vostra responsabilità. Ogni volta che proverete a pedonalizzare anche solo un isolato stradale, vi troverete a lottare contro la burocrazia dell'adempimento formale che vi farà perdere tempo, pazienza e buon umore. Non volete candidarvi perché vi hanno detto che ogni firma che metterete in calce a un provvedimento è un potenziale avviso di garanzia per il reato di abuso, così come le firme non messe potrebbero avere lo stesso effetto per il reato di omissione. E si sa, un avviso di garanzia, con la conseguente gogna mediatica, fa perdere la serenità per mesi, spesso anni.Non volete candidarvi perché vi hanno detto che per i cittadini se un ospedale non funziona, se aumentano gli scippi, se la gente getta i rifiuti per strada, se piove, se fa troppo caldo, se la squadra cittadina retrocede è sempre e solo colpa del sindaco. Bene, tutto quello che vi hanno detto è vero. Tragicamente vero.Ma io che faccio il sindaco della mia città da sette anni posso dirvi che a questo racconto a senso unico, manca qualcosa.Qualcosa che non è scritto nel testo unico sugli enti locali, né nei i trattati di politica o di pubblica amministrazione. Manca quello che si prova indossando la fascia tricolore.Quello che si prova quando un bambino, durante la recita di Natale, si avvicinerà per chiedervi di parlare con Babbo Natale per avere una giostrina nel parco sotto casa sua, quando una ragazza si rifugerà nell'ufficio del sindaco per chiedergli di intercedere con i suoi genitori che l'hanno allontanata perché lei ama una donna. Quello che si prova guardando occhi e bocche spalancate dei cittadini nell'ammirare stupiti un teatro restaurato o un museo recuperato. In quei momenti l'orgoglio di indossare quella fascia può farti fare di tutto, anche improvvisarti guida turistica, come ho visto fare una volta al sindaco di Rimini, Andrea Gnassi. Fare il sindaco può farti vivere un’emozione grandissima come quella che ha provato il collega Marco Bucci quando ha inaugurato il nuovo ponte dimostrando che questo Paese è capace di rialzarsi anche dopo una immane tragedia.È quello che si prova quando si fa la cosa più bella del mondo: cambiare in meglio la vita dei cittadini. Nessuno più del sindaco può farlo. Non c'è nulla che dia più soddisfazione.Cara non candidata, caro non candidato, ripensaci. Candidati a fare il mestiere più bello del mondo. E se ti stai chiedendo: “Ma ne vale la pena?”, la risposta è sempre la stessa. Sì, ne vale la pena. Ne vale la pena sempre, perché questo è il nostro Paese, è l’Italia in cui siamo nati e siamo cresciuti, è l’Italia che ha bisogno dei sindaci, è l’Italia che troppe volte si appoggia su di noi e poche volte ci ringrazia, è l’Italia che però noi non possiamo mollare.“Dei remi facemmo ali al folle volo”, così Dante scriveva di Ulisse che incitava i suoi alla conquista del mondo sconosciuto. Questa frase spesso mi ha accompagnato nelle mie scelte. Perché ogni giorno forte è la convinzione che la fatica di remare, contro le difficoltà quotidiane, può trasformarsi nella gioia di volare e di raggiungere un nuovo traguardo, piccolo o grande che sia. Per gli occhi di quel bambino della recita di Natale e per il sorriso di quel nonno in smoking all’inaugurazione del teatro comunale. Ne vale la pena. Sì.