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«Dai dati attualmente in possesso ( aggiornati al 31.12.2018) risulta che il numero totale dei detenuti lavoranti è pari a 17.614 unità ( erano 17.936 al 30.6.2018)». Questo viene riportato nella relazione al Parlamento dal ministero della Giustizia relativo al lavoro dei detenuti dell’anno 2018. I detenuti che lavorano, quindi, risultano in calo. Anche se, nella relazione stessa, viene trovata una giustificazione, spiegando che «nell'ottobre del 2017, si è provveduto ad adeguare le retribuzioni dei detenuti lavoranti, ferme dal 1994, ai rispettivi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, così come previsto dall'art. 22 dell'Ordinamento Penitenziario». Quindi secondo la relazione, «l’aumento medio delle retribuzioni, è stato di circa l' 80%, incidendo sui livelli di occupazione all'interno degli istituti penitenziari». Eppure, come viene sottolineato nella relazione stessa, parliamo di un adeguamento necessario e che comunque risale all’anno 2017 dove in realtà non risultano affatto diminuiti i fondi per le retribuzioni per i detenuti che lavorano per l’amministrazione penitenziaria. Nella relazione, infatti, c’è una tabella esplicativa sul punto. Nel 2016 erano stati assegnati 60.016.095 euro, e sia nel 2017 ( anno dell’adeguamento delle retribuzioni ai detenuti) che nel 2018, sono stati assegnati ben 100.016.095 euro di fondi per il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
Purtroppo, sempre dalla relazione stessa, emerge che sono diminuiti anche i detenuti che lavorano per la gestione quotidiana degliistituti penitenziari: al 31 dicembre del 2018 era di 12.522 unità, mente erano 12.922 al 30 giugno del 2018. Come si legge nella relazione, i servizi di istituto assicurano il mantenimento di condizioni di igiene e pulizia all'interno delle zone detentive, comprese le aree destinate alle attività in comune, le cucine detenuti ed il servizio di preparazione e distribuzione dei pasti. «Garantire opportunità lavorative ai detenuti - di legge nella relazione – è strategicamente fondamentale, anche per contenere e gestire i disagi e le tensioni proprie della condizione detentiva». Ma, ricordiamo, si tratta di un lavoro non qualificante, anche se la relazione sottolinea che tale attività «rappresentano una fonte di sostentamento per la maggior parte della popolazione detenuta».
Su questo punto, interviene l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini che recentemente ha analizzato le schede on line di ogni istituto e ha riscontrato che ben 95 istituti su 190 hanno fornito informazioni parziali sul lavoro, e in alcuni casi non rispondono. «Occorre però tenere presente che – sottolinea Rita Bernardini -, per quel che riguarda i lavori interni agli istituti, si tratta di impieghi a turnazione e di poche ore giornaliere, il che vuol dire che in un anno un detenuto lavora dai due ai quattro mesi, prendendo retribuzioni risibili».
Apparentemente risulta un dato positivo, quello dei detenuti che vengono impiegati alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria per lavori di tipo industriale ( falegnameria, sartoria o tipografia): 637 detenuti al 31 dicembre del 2018, rispetto ai 613 al 30 giugno del 2018. Ma se si paragonano i dati del 2017, prima erano 655. Numeri, ricordiamo, comunque piccolissimi visto che sono una percentuale irrisoria visto il numero della popolazione detenuta che supera le 65 mila persone. Stesso identico discorso per i detenuti addetti al settore agricolo: al 31 dicembre 2018, di 375 unità, di cui 249 presso le colonie agricole. Nel 2017, invece, erano 420. Però, nella relazione stessa, si pone comunque l’accento alla sensibilizzazione degli Istituti penitenziari e i Provveditorati Regionali sottolineando la necessità di tenere stretti contatti con il territorio, ponendo particolare attenzione alle realtà imprenditoriali locali, al fine di valutare la possibilità di offrire in gestione a terzi le lavorazioni che hanno particolari difficoltà a mantenere o sviluppare le proprie produzioni.
Dato stazionario, invece, per quanto riguarda i detenuti lavoranti che beneficiano della legge ' Smuraglia', la quale definisce le misure di vantaggio per le cooperative sociali e le imprese che vogliano assumere detenuti in esecuzione penale all'interno degli istituti penitenziari. Si legge che nel corso del 2018, dai monitoraggi effettuati dalla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento sull'utilizzo dei benefici previsti dalla legge ' Smuraglia', risultano occupati 1.513 detenuti ( si tratta esclusivamente dei lavoranti per i quali i datori di lavoro hanno fruito dei benefici della legge Smuraglia e non del totale dei detenuti assunti da imprese e cooperative). Il totale dei detenuti alle dipendenze di datori di lavoro esterni, al 31 dicembre del 2018 - ultimo dato disponibile - era di 2.386 unità.