IL PM E LA LEGGE

È istruttiva la conferenza stampa tenuta ieri mattina dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. L’ha convocata per illustrare l’indagine sulla ’ ndrangheta che ha prodotto una nuova incredibile ondata di arresti, oltre 200, stavolta a Cosenza. Il pm mai tenero con le leggi di Cartabia ha detto ai giornalisti, a proposito delle norme sulla presunzione d’innocenza, che «c’è una riforma voluta dal governo mai chiesta in realtà dall’Europa». Ha aggiunto che inizialmente non voleva tenere alcun incontro con i cronisti, ma che poi gli sono arrivate «oltre 100 telefonate» da testate anche nazionali: «Impossibile rispondere, la norma è questa». Cioè va rispettata, che è già di per sé un riconoscimento, dovuto quando si vuole ma non privo di significato. Gratteri ha quindi segnalato anche la necessità di rendere onore «al lavoro della polizia giudiziaria». È per evitarne l’oscuramento, ha detto, che ha deciso di convocare i giornalisti con le modalità sancite dalla legge.

Al di là di altre considerazioni, è Gratteri stesso a descrivere il quadro di una mattinata di arresti come una sorta di ordalia: oltre cento telefonate dalle redazioni, spiega. Come si può pensare che un fenomeno del genere sia gestibile senza una griglia normativa che lo disciplini? Come è ipotizzabile che la magistratura risponda a tutte quelle richieste o, peggio, selezioni le testate con cui intrattenere un rapporto privilegiato? Gratteri a un certo punto aggiunge che «seppur si debba parlare di presunti innocenti, noi riteniamo di aver ritrovato il filo di Arianna di vicende su cui si indagava da anni».

Ecco: non è poi così complicato rispettare la presunzione di non colpevolezza e nello stesso tempo esprimere il punto di vista della Procura.

Gratteri lo ha dimostrato, forse al di là delle proprie intenzioni, in una calda mattina di settembre, e magari avrà verificato di persona come la legge di Cartabia vada messa quanto meno alla prova, anziché rottamata a prescindere.