LA MOBILITAZIONE DOPO L’ESCLUSIONE DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO

I presidenti degli ordini del capoluogo pugliese, di Trani e di Foggia chiedono un passo indietro

Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Bari, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Foggia e il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Trani chiedono «un ripensamento» al nuovo Consiglio giudiziario che si è insediato da poco più di un mese, sulla soppressione «del cosiddetto diritto di tribuna dei consiglieri laici, già previsto dal vigente regolamento per effetto di una riforma medio tempore intervenuta».

I tre consigli richiedono il passo indietro per «scongiurare l'inevitabile incrinamento della sinergica collaborazione tra le componenti della Giurisdizione, non essendo disposta l'Avvocatura ad essere confinata al subalterno ruolo di ospite indesiderato».

«La previsione costituzionale della presenza di componenti laici in seno agli organi giurisdizionali, anche quelli apicali, risponde proprio spiegano in una nota congiunta - all'esigenza di garantire la partecipazione della collettività, per il tramite di qualificati esponenti, alla gestione della funzione primaria dello Stato. Rinchiudersi nel segreto della camera di consiglio costituisce un enorme passo indietro della magistratura proprio nei confronti dei cittadini, in nome dei quali viene esercitata la funzione giudiziaria».

«Gli Avvocati in rappresentanza dei cittadini costituiscono una risorsa da valorizzare anche e soprattutto all'interno degli organi di gestione della giurisdizione e di controllo sull'operato della Magistratura proprio perche' portatori di interessi generali e scevri da condizionamenti di appartenenza alla stessa compagine professionale», concludono.

Un «gravissimo arretramento culturale», aveva scritto ieri gli avvocati eletti nel Consiglio giudiziario di Bari, in una lunga e amara lettera rivolta ai due componenti di diritto dell’organismo, che sono il presidente della Corte d’appello e il procuratore generale. «La logica seguita dai consiglieri, in aperto contrasto con l’esigenza di sempre maggiore trasparenza della magistratura, appare rispondere a scelte chiaramente corporative», scrivono i tre avvocati, «frutto di logiche interne e di quella sorta di allontanamento dalla realtà che finisce con lo sfociare in un elitarismo anacronistico, benzina per la sempre crescente sfiducia della collettività nella magistratura e quindi nella Giustizia del nostro Paese». Ancora, secondo i tre rappresentanti del Foro — Gaetano Sassanelli per gli avvocati di Bari, Giuseppe Limongelli di Foggia e Diego Petroni di Trani — gli atteggiamenti dei “togati” appena entrati in carica ( a novembre) sembrano «lesivi del rispetto non solo dei singoli componenti, ma proprio dell’intera categoria dagli stessi rappresentata e quindi anche dell’avvocatura». I magistrati oltretutto sbattono la porta in faccia al Foro in un momento in cui proprio grazie alla «sempre maggiore collaborazione» offerta dagli avvocati si è riusciti ad affrontare il dramma del covid. Rilievi davvero difficili da contestare, soprattutto perché, come ricordano ancora i tre consiglieri indicati dall’avvocatura, i «metodi sbrigativi che prescindono dal confronto» sembrano concepiti per «imporre quanto a tavolino era stato deciso al di fuori dal consesso». A cosa si riferiscono, i tre consiglieri, nella lettera inviata a presidente e pg della Corte d’appello? Nella precedente riunione, tenuta lo scorso 3 dicembre, i dieci togati elettivi si erano presentati con la mozione già pronta per essere messa ai voti: «Riteniamo non necessario discuterla. È evidente come sull’argomento», cioè la cacciata dei “laici” dalle assemblee in cui si discute di promozioni per i magistrati, «ci sia una netta maggioranza: noi togati siamo tutti favorevoli»