Una nuova inchiesta giudiziaria è stata aperta nei confronti di Niloufar Hamedi ed Elahe Mohamadi, le due giornaliste iraniane che erano state arrestate per aver denunciato la morte di Mahsa Amini e che ieri sono state scarcerate su cauzione. La loro colpa, ieri, è stata quella di uscire dalla prigione a capo scoperto, ovvero senza indossare l'hijab e violando così le norme sull'abbigliamento in vigore nella Repubblica islamica. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa Mizan legata alla Magistratura iraniana.

Hamedi, 31 anni, lavorava per il quotidiano riformista Shargh e per prima ha dato la notizia della morte della 22enne curda Mahsa Amini, picchiata a morte dalla cosiddetta polizia morale di Teheran che l'aveva arrestata accusandola di non indossare correttamente il velo islamico. Hamedi aveva diffuso sui social la fotografia del padre e della nonna della vittima abbracciati dopo aver saputo della morte di Mahsa con la didascalia: «L'abito nero del lutto è diventato la nostra bandiera nazionale».

Mohammadi, 36 anni, lavorava per il giornale riformista Ham-Mihan e ha scritto del funerale di Amini nella sua città natale di Saqqez. In particolare ha raccontato di come centinaia di persone in lutto hanno gridato «Donna, vita, libertà», slogan usato poi nelle manifestazioni nazionali contro il regime degli Ayatollah.

Le due giornaliste sono state arrestate poco dopo l'inizio delle proteste e sono state accusate di collaborare con il governo americano e contro la sicurezza nazionale. Le due, che hanno trascorso 17 mesi dietro le sbarre, sono state condannate rispettivamente a 13 e a 12 anni di carcere. La cauzione pagata è stata di 200mila dollari e alle due donne è stato vietato di lasciare l'Iran.