È legittimo che la Questura non rinnovi il permesso di soggiorno a un immigrato, imponendogli il ritorno in patria con la famiglia (moglie e figli minorenni), anche se è residente da oltre un decennio in Italia e occupato con regolare contratto di lavoro subordinato, perché «non ha interiorizzato le regole essenziali del vivere civile». Regole violate «con la commissione di reati di rilevante gravità». Lo ha stabilito dal Tar della Liguria, bocciando il ricorso di un cittadino albanese contro il provvedimento della questura di Savona che aveva negato il rinnovo di permesso in seguito alla condanna a 3 anni per 16 episodi di spaccio di droga. «La Questura - ha spiegato il Tar nella sentenza - ha evidenziato che tutto il nucleo familiare possiede la stessa cittadinanza e pertanto può rientrare nel paese di origine, senza rischi di divisione. È stato ritenuto che prevalesse lesigenza di allontanare uno straniero pericoloso, nonostante la situazione famigliare e gli anni di permanenza in Italia». Nella sentenza del Tar si rileva che lamministrazione ha considerato la «situazione familiare dellinteressato e gli anni di permanenza sul territorio nazionale, ritenendo che tali elementi fossero recessivi in quanto non hanno influito "sullinteriorizzazione delle regole essenziali del vivere civile che sono state violate mediante la commissione di reati di rilevante gravità"». «Tale valutazione - si osserva nella pronuncia - non può considerarsi manifestamente illogica o arbitraria ove si consideri che lo straniero è stato condannato per sedici episodi di cessione di stupefacenti avvenuti nellarco di un anno».