Gentile Redazione, leggo con interesse i vostri Editoriali ed i contributi di Colleghi e Giuristi, sui temi afferenti la Giustizia e la Professione Forense. Il contributo che vorrei sottoporre, si basa proprio sull’equivoco tra Giustizia ed applicazione della Legge. Ritengo infatti, che nei tribunali non si debba cercare Giustizia, ma la corretta applicazione della Legge rispetto al caso concreto.

Le ragioni poste all’interno di un atto, non cercano Giustizia, rappresentano un fatto che si traduce in Diritto e che diventerà un precedente futuro. Pertanto, occorre intervenire sul modello da proporre, ponendo al centro il soggetto che compie l’azione; aumentando il grado di responsabilità rispetto gli atti compiuti con un rapporto “causa-effetto” ed il necessario coinvolgimento dei legali con funzioni “preventive” di indirizzo e predittive rispetto al risultato.

I modelli supportati da algoritmi possono essere utili se gestiti da personale qualificato. Da qui la nascita di nuove professionalità, quella del Procuratore Informatico con percorso di studio ad hoc.

Sul tema delle specializzazioni forensi, ritengo utile immagine il modello simile a quello dei medici, cioè con concorso e numero chiuso. Da ultimo, le necessarie contaminazioni con altre professioni, in primis quella degli psicologi, guardando alle nuove opportunità offerte dai modelli societari per gli avvocati, alla formazione reale e non formale, all’ampliamento per i legali di funzioni ausiliarie e fiduciarie con la Pubblica Amministrazione. Queste poche righe vogliono essere uno stimolo per guardare lo stato dell’arte da un angolo di veduta differente.

Lorenzo Papa (Avvocato)