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Frattini
Nella giustizia amministrativa «servono ancora più efficienza e rapidità», secondo il presidente del Consiglio Mario Draghi. Nulla da eccepire. «Dobbiamo saper riacquisire credibilità e per farlo serve anche responsabilità, non bastano l’autonomia e l’indipendenza», risponde Franco Frattini, presidente del Consiglio di Stato.
La tradizionale cerimonia in cui il vertice di Palazzo Spada presenta la Relazione sul 2021 si gioca in uno scambio d’intesa con il Capo del governo, legittimo e utile. Un appuntamento importante, quello celebrato ieri nella sede del Consiglio di Stato, anche perché coincide con la cerimonia d’insediamento del suo nuovo presidente, Frattini appunto. Ma il clima delle parole e degli appelli è persino egemonizzato dal Piano di ripresa, dal suo impronunciabile acronimo. O meglio: così sarebbe in assoluto, se non fosse per la presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi. Che un po’ rompe l’incantesimo fra Draghi e Frattini. Li richiama alla concretezza delle attese di giustizia, che per quella amministrativa non possono certo ridursi alle altre due richieste, pure condivisibili, rivolte da Draghi alle toghe: «Tempi rapidi» e una «maggiore omogeneità tra le sentenze».
Al di là dell’approccio che il presidente del Consiglio impone, non si può rischiare di mettere il diritto in secondo piano. È Masi a ricordarlo con un paio di alert che non ammettono controdeduzioni. Intanto il «ruolo dell’avvocatura», davanti ai Tar e al Consiglio di Stato, è «tanto più avvertito» giacché «in questa sede» i cittadini «devono trovare tutela nei confronti delle pubbliche amministrazioni, con le quali è auspicabile sia sempre possibile un equilibrato confronto, per garantire una partecipazione effettiva e democratica». E non si tratta di garanzie banali né da dare per scontate, aggiunge la presidente del Cnf: perché qui, oltre a preoccuparsi di quegli «elementi di criticità particolarmente sentiti» anche «dall’avvocatura tutta», tra cui «l’esigenza di accelerare lo smaltimento dell’arretrato», va data risposta pure alla «imprescindibile urgenza di assicurare piena garanzia di accesso alla giustizia amministrativa per tutte e tutti, anche e soprattutto sotto il profilo economico. Gli oneri contributivi, particolarmente esosi», avverte Masi, «rischiano di mortificare, ancora, la domanda di giustizia nell’amministrazione che proviene dalle fasce più deboli, troppo spesso costrette, per motivi economici, a rinunciare a ottenere tutela dei propri diritti e interessi legittimi».
E una malintesa idea del rapporto fra giustizia e sviluppo non deve far pensare che «quella rinuncia» sia assente dal «tema» degli appalti». Un bel modo di riportare il discorso sulla giustizia amministrativa dall’orizzonte del Recovery alla terraferma della pratica quotidiana. Anche in vista di un altro rischio, certo non ignorato da Frattini né da Draghi, ma che nelle parole di Masi rimanda più nettamente a una possibile sovrapposizione tra ripresa e deregulation: «Il Piano nazionale», ricorda la presidente del Cnf, è «una svolta epocale, che richiederà però robusti strumenti di controllo, a presidio della legalità e della trasparenza nell’utilizzo delle ingenti risorse messe a disposizione per lo sviluppo».
Non è finita qui: Masi batte anche su un altro tasto dolente, «l’effettiva parità delle parti». Principio applicato con qualche fatica in più in una giurisdizione come quella amministrativa in cui una delle parti è pubblica e il giudice svolge anche funzioni consultive a beneficio dello Stato. La giurisdizione «potrà contare sull’avvocatura», garantisce il vertice dell’istituzione forense. D’altra parte anche Draghi è molto puntuale nell’evocare i magistrati di Tar e Consiglio di Stato come un «caposaldo del diritto, essenziale per cittadini e imprese», giacché «evita che il potere si possa trasformare in arbitrio». Nello stesso tempo il premier guarda a una giurisdizione amministrativa che deve essere «sempre più consapevole dell’impatto economico delle proprie decisioni», requisito che rimanda ancora una volta alla delicatezza dell’equilibrio fra legalità ed efficienza.
Frattini si impegna ad assicurare, con la sua presidenza, un rigore rinnovato nel momento in cui chiede ai giudici di «meritare fiducia quando i cittadini sono parti nel processo» e di farlo a partire da «un deciso superamento delle logiche di appartenenza» perché «siamo soggetti soltanto alla legge, dice lapidariamente la Costituzione». Pro memoria che non pare ignorare le recenti tensioni fra Consiglio di Stato, Cassazione e Csm ed è ispirato a un’autocritica assai utile da parte di una giustizia amministrativa mai sotto pressione come in questo momento.