Dopo i violenti pestaggi ai danni dei detenuti, il presidente del Consiglio Mario Draghi e la ministra della Giustizia Cartabia visiteranno questo pomeriggio la Casa Circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere, al centro dell'inchiesta sugli scontri del 6 aprile 2020, dopo le proteste dei detenuti per la cessazione dei colloqui con i parenti a causa della pandemia, inchiesta nella quale sono contestati ai vertici della struttura e agli agenti penitenziari i reati di violenza e tortura. Un incontro, quello che arriva dopo l’invito formulato dalla garante provinciale di Caserta Emanuela Belcuore, che avrà inizio alle 16 e che terminerà con le dichiarazioni di premier e ministra ai giornalisti. Draghi e Cartabia visiteranno i padiglioni del carcere a quasi un mese dagli arresti degli uomini della polizia penitenziaria, vicenda sulla quale la guardasigilli ha sin da subito chiesto approfondimenti. «Di fronte a fatti di una tale gravità non basta una condanna a parole. Occorre attivarsi — aveva spiegato — per comprenderne e rimuoverne le cause e perché fatti così non si ripetano». Drammatiche le testimonianze di quei momenti, riportate dal Dubbio una settimana dopo il pestaggio. «Centinaia di agenti antisommossa sono giunti con caschi blu e mascherine e hanno invaso tutte le sezioni del nostro reparto - avevano spiegato le vittime -. A quel punto ci hanno massacrato di botte, urlandoci “Non ci guardate in faccia” e via giù di calci e schiaffi, e dietro le spalle ci colpivano con in manganelli». Parole che rappresentano solo una minima parte dell’orrore vissuto dai detenuti in quei drammatici momenti, catturati dalle telecamere del carcere. Quei video, nelle scorse settimane, sono stati resi pubblici dal quotidiano Domani, facendo vedere a tutti la brutalità di quei momenti. Cartabia ha definito quelle violenze «un’offesa e un oltraggio alla dignità della persona dei detenuti e anche a quella divisa che ogni donna e ogni uomo della polizia penitenziaria deve portare con onore, per il difficile, fondamentale e delicato compito che è chiamato a svolgere». Per la ministra si è trattato di «un tradimento della Costituzione: l’articolo 27 esplicitamente richiama il “senso di umanità”, che deve connotare ogni momento di vita in ogni istituto penitenziario e si tratta di un tradimento anche dell’alta funzione assegnata al corpo di polizia penitenziaria, sempre in prima fila nella fondamentale missione, svolta ogni giorno con dedizione da migliaia di agenti, di contribuire alla rieducazione del condannato». Cartabia ha subito chiesto un rapporto completo su ogni passaggio di informazione e sull’intera catena di responsabilità, annunciando una verifica ad ampio raggio. «Oltre quegli alti muri di cinta delle carceri c’è un pezzo della nostra Repubblica - aveva aggiunto -, dove la persona è persona, e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati. E questo a tutela anche delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che sono i primi ad essere sconcertati dai fatti accaduti». Solidarietà agli indagati era invece arrivata da Matteo Salvini, anche lui nei giorni scorsi in visita a Santa Maria Capua Vetere, ma per stare dalla parte degli agenti. La visita di politici nelle carceri non è una novità, ha evidenziato il garante campano Samuele Ciambriello. Ma spesso, ha aggiunto, «si sono fermati alla prima palazzina ad ascoltare gli agenti. Il carcere è un luogo dove ci sono però anche i detenuti, i cappellani, i volontari, gli operatori, i garanti. Mi auguro che si possano portare fuori da quelle mura le voci di tutte queste persone, non una quota parte ha spiegato al Dubbio -. Il carcere non può essere un luogo dove chiudere il male della società, separare i cattivi dai buoni. C’è stata, fino ad oggi, una visione carcerocentrica e ciò è dovuto ad una politica assente, che ha avuto amnesie e ha cercato più il consenso che non il senso di fare le cose. Mi auguro - e sono ottimista che vengano ascoltate tutte le categorie presenti nel carcere e dopo averlo fatto che si possano mettere in campo anche delle misure pragmatiche, dei ristori, come indulto e amnistia e interventi che servano a riorganizzare il cammino di riforma delle carceri. Se il carcere è solo afflizione e dolore allora non risolverà nulla». Ieri mattina, intanto, al tribunale del Riesame di Napoli si è discussa la posizione del commissario della Polizia penitenziaria Anna Rita Costanzo, finita ai domiciliari. Il difensore Vittorio Giaquinto ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare ritenendo insussistenti le esigenze cautelari e i gravi indizi di colpevolezza. Per la Procura, Costanzo sarebbe stata tra le organizzatrici dei pestaggi, ma il suo legale ha sostenuto che sarebbe arrivata al carcere di Santa Maria Capua Vetere a perquisizione già disposta e organizzata. Secondo le immagini delle telecamere del carcere, Costanzo aveva il manganello in mano e in qualche circostanza l’avrebbe usato. Stando all’ordinanza di custodia cautelare, la donna avrebbe impartito ordini precisi ai propri uomini, come quelli relativo a un detenuto: «Le deve avere». A un altro che le chiedeva spiegazioni su tutta quella violenza Costanzo rispose: «Per colpa vostra sto facendo le nove di sera».