Il 15 gennaio prossimo, la Corte costituzionale si occuperà della questione di legittimità, sollevata dalla prima sezione penale della Cassazione, relativa ad una delle norme dell’ordinamento penitenziario «nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche nei confronti della condannata madre di prole affetta da handicap totalmente invalidante». L’oggetto in esame è l’art. 47 quinquies dell’Ordinamento penitenziario e come giudice relatore sarà Marta Catarbia, la prima donna presidente della Consulta.

Tutto è scaturito dal ricorso dell’avvocato Gianfranco Giunta che aveva chiesto la detenzione alternativa per la sua assistita, condannata in via definitiva per associazione mafiosa, sollevando la questione di incostituzionalità della norma che prevede diversa misura solo in presenza di figli minori di dieci anni. La Prima Sezione Penale della Cassazione, a marzo scorso, ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’avvocato Giunta e ha investito la Corte Costituzionale affinché intervenga sulla norma dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la possibilità di concedere la detenzione domiciliare alla madre condannata, per reati ostativi, con prole maggiorenne affetta da handicap invalidante.

Il penalista calabrese, che da anni segue il caso di una madre condannata in via definitiva per reati di cui all’art. 416 bis, ha fatto leva sulla norma dell’ordinamento penitenziario che prevede la concessione della speciale misura alternativa della detenzione domiciliare a madre o padre condannati solo ed esclusivamente nel caso in cui i genitori abbiano prole di età inferiore a dieci anni e non già alla madre o al padre detenuti con figli adulti diversamente abili.

L’avvocato Giunta aveva proposto istanza al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria con la quale invocava, per la sua assistita, la concessione della detenzione domiciliare. Istanza però rigettata. A questo punto l’avvocato, unitamente al collega Guido Contestabile, ha deciso di ricorrere in Cassazione sollevando la questione di incostituzionalità della norma, per contrasto con agli articoli 3 e 31 della Costituzione chiedendo la sospensione del procedimento con trasmissione degli atti alla Consulta.

La norma attualmente in vigore risulterebbe in contrasto con le previsioni del secondo comma dell’art. 31 della Costituzione, ai sensi del quale “la Repubblica protegge l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Inoltre potrebbe essere in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione, ed in particolare con il principio di ragionevolezza che è insito nel principio di uguaglianza, dal momento che da un lato consente, in caso di insussistenza di eccezionali esigenze cautelari e se sussiste assoluto impedimento del padre, che la madre detenuta possa ottenere la detenzione domiciliare per assistere i figli di età inferiore ai dieci anni, dall’altro, nella sussistenza dei medesimi presupposti, impedisce al genitore in carcere di assistere in regime di detenzione domiciliare il proprio figlio disabile, solo perché ha raggiunto l’età di dieci anni indicata dalla norma, come sbarramento alla concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare.

L’attuale disciplina, inoltre, potrebbe essere lesiva del principio di uguaglianza sostanziale in quanto in entrambi i casi le esigenze di cura ed assistenza sarebbero identiche. Dopo l’udienza pubblica del 15 gennaio, sarà la Corte Costituzionale a decidere.