Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, spiega che la soluzione proposta sulla prescrizione «tende a contemperare la volontà di rendere imprescrittibile formalmente il reato dopo il primo grado di giudizio e comunque di sterilizzare l’imprescrittibilità quando la durata del processo eccede quella ragionevole», e riguardo al ddl Zan ragiona sul fatto che «l’articolo 4, anziché tutelare la libertà d’espressione, rischia di limitarla».

Presidente Mirabelli, è convinto delle proposte della ministra Cartabia in materia di riforma della giustizia?

Parliamo di un complesso di misure da valutare nel suo insieme. Uno dei punti di mediazione, come è naturale che accada quando le proposte devono mettere d’accordo forze politiche diverse, è la prescrizione. Che ci debba essere un tempo certo entro il quale deve essere accertata la responsabilità o meno di una persona è un principio di civiltà, come del resto è stato riconosciuto dalle ultime sentenze della Cassazione.

Come giudica la soluzione trovata proprio in tema di prescrizione?

In questo caso anziché stabilire un tempo che estingua il reato, si è preferita una sorta di improseguibilità dell’azione penale, nell’ipotesi in cui la durata del giudizio in ogni singolo grado sia superiore a quello previsto come durata “tipica”, con riferimento alla Costituzione che assicura una ragionevole durata del processo. È una soluzione meno lineare della prescrizione pura ma ponderabile. Perciò il giudizio è complessivamente positivo.

Come si è arrivati a questa formulazione?

Quella adottata è una delle due soluzioni che proponeva la commissione di studio istituita dalla ministra. La soluzione tende a contemperare la volontà di rendere imprescrittibile formalmente il reato dopo il primo grado di giudizio e comunque di sterilizzare l’imprescrittibilità quando la durata del processo eccede quella ragionevole.

Crede che funzionerà o andremo incontro a dei ricorsi?

Si tratta di vedere come sarà strutturata, perché da quello che ho capito arriverà una legge delega e non vorrei che questo sistema diventi troppo complesso o ne derivino degli aspetti non ragionevoli che possono dar adito a decisioni di legittimità costituzionale. Di certo è una scelta di fondo che viene fatta per soddisfare esigenze contrapposte e in questi casi si deve sempre raggiungere un compromesso.

Fa riferimento alla resistenza del Movimento 5 Stelle.

Mi pare che sia diventata una questione prettamente politica. La soluzione non è la più lineare, come dicevo, ma consente di mantenere un principio che era stato già affermato introducendo altro principio ancorato alla Costituzione (la ragionevole durata del processo) bilanciando spinte contrapposte. C’è un diritto del cittadino di essere giudicato in tempi ragionevoli? Sì, e questo viene fatto. Se venissero resi imprescrittibili alcuni reati il contrasto si accenderà su cosa mettere e cosa togliere dal paniere.

Come sta già avvenendo con la corruzione, che i Cinque Stelle vorrebbero imprescrittibile mentre gli altri partiti di maggioranza si oppongono.

Esatto, e in questo caso si aprirà un fronte che si presenterà poi in definitiva in Parlamento, perché in questi casi abbiamo sempre un’iniziativa legislativa del governo dopo la quale si accenderanno le discussioni parlamentari. È solo il primo tempo della partita, ma come nelle recenti sfide della Nazionale penso che potremmo anche arrivare ai tempi supplementari.

Altro tema di grande attualità è il ddl Zan. Come commenta le modifiche del presidente della commissione Giustizia in Senato, il leghista Ostellari, respinte da Pd e M5S?

Le modifiche non destrutturano il ddl. Mi pare sia avvertita da tutti l’esigenza di tutele penali per categorie considerate vulnerabili. Le critiche che sono state fatte da più parti, senza prendere da conto la parte confessionale e quella laica ma da settori che tagliano orizzontalmente le due categorie, riguardano la necessità o meno di una categorizzazione così analitica che comporta più dubbi che certezze, posto che in ogni caso va tutelata la dignità delle persone che si trovano in condizioni particolari.

Entrando nei particolari, si discute molto della libertà d’espressione menzionata nell’articolo 4. Dovrebbe essere modificato?

Sull’articolo 4 richiamerei l’espressione di un giurista profondamente laico e altrettanto liberale di grande rilievo come Natalino Irti, il quale dice che su quella norma c’è un abisso interpretativo. C’è il rischio che anziché garantire libertà d’espressione la si limiti. È necessario un intervento che seppur minimo non lasci spazio a interpretazioni fortemente limitative sulla libertà d’espressione.

Quale dovrebbe essere questo «intervento»?

Quantomeno bisognerebbe prevedere che le espressioni di manifestazione del pensiero ma anche la libertà di ricerca, di insegnamento e di magistero delle comunità religiose siano tutelate, salvo che non determinino il concreto pericolo. Ma la determinazione potrebbe essere sganciata totalmente dall’intenzione di chi ha manifestato il pensiero e per questo è necessario fare riferimento a chi con il proprio pensiero susciti in maniera diretta un’attività discriminatoria rispetto alle persone tutelate. Mi rendo conto che siamo in un terreno molto scivoloso.

Come è quello dell’articolo 7, che riguarda l’insegnamento nelle scuole e sul quale c’è stata la protesta del Vaticano. Cosa ne pensa?

Sull’articolo 7 deve essere affermata e resa incisiva la libertà delle scuole e dei genitori che hanno la responsabilità educativa e di indirizzamento dell’educazione dei ragazzi secondo le loro convinzioni etiche e antropologiche. Posto comunque che la scuola deve educare al rispetto della dignità della singola persona. Ma dobbiamo fare attenzione al rischio che la categorizzazione finisca per indebolire anziché rafforzare le protezioni costituzionali.

Crede che ci sia una formulazione più giusta dell’altra tra «identità di genere» e «omofobia e transfobia»?

Ci possono essere formule riassuntive delle condizioni personali ma introdursi in questa categorizzazione, che tra l’altro può essere discutibile sul piano del progresso e delle scienze psicologiche, potrebbe risultare pericoloso. Certamente va tutelata la persona in ogni sua condizione che riguardi la sessualità.