«La riforma Cartabia non affronta i punti cruciali che stanno a cuore alla Lega per cambiare un sistema al collasso». A dirlo in una intervista a La Repubblica è la responsabile Giustizia della Lega Giulia Bongiorno, dopo
l'accordo raggiunto dalla maggioranza sulle riforme. «La visione della Lega - spiega Bongiorno - e di tutto il centrodestra della giustizia è molto distante da quella del centrosinistra e da quella dei 5Stelle; questa è una certezza. Cartabia sta cercando di trovare un punto di equilibrio, e noi la sosteniamo. Deve essere chiaro però che la sua è una riforma circoscritta ad alcuni temi e che non affronta punti cruciali che stanno a cuore alla Lega per imprimere un autentico e profondo cambiamento di un sistema al collasso». Bongiorno aggiunge che «stiamo affrontando il sistema elettorale, ma per me è ancora più importante capire chi vogliamo mandare al Csm. Il cambiamento epocale sarebbe affidarlo ad esponenti più autorevoli che, per il percorso eccelso già raggiunto in carriera, non nutrono alcuna mira ulteriore. L’obiettivo è sfuggire dalla logica clientelare dello scambio di favori tra toghe elette al Csm e gli elettori. Perciò è necessario ricostruire da zero il Csm».
«Ampia intesa» sul testo
L’accordo raggiunto ieri tra la maggioranza e la Guardasigilli Marta Cartabia ora andrà tradotto nero su bianco in una riformulazione degli emendamenti del governo. Si sblocca dunque l’impasse sulla riforma del Csm, anche se restano i distinguo di Italia viva e Lega, che prendono le distanze da quanto convenuto da Pd, M5s, Forza Italia, Azione e Leu. I renziani ribadiscono che non ritireranno gli emendamenti "divisivi", sui quali il governo non dà parere favorevole. «Vogliamo discutere le nostre posizioni prima in commissione e poi in Aula», mette in chiaro Catello Vitiello, che "depotenzia" la portata dell’intesa: «Si tratta di un accordo di massima, ma non definitivo». Il che tradotto significa che Italia viva, di fatto, mantiene le mani libere. Posizione che potrebbe creare problemi alla maggioranza e, soprattutto, al governo in occasione del passaggio della riforma al Senato, dove gli equilibri numerici sono più precari. Anche la Lega ha posto dei paletti, avvertendo la ministra Cartabia che valuterà (prima in commissione e poi in Aula) gli emendamenti relativi agli stessi temi oggetto dei quesiti referendari sulla giustizia. E questo anche nonostante le altre forze di maggioranza e la ministra abbiano trovato un punto di equilibrio differente rispetto a quanto previsto, ad esempio, sulla separazione delle funzioni. «La strada del vero cambiamento passa dai referendum», ha sottolineato Bongiorno. Dal Pd spiegano che l’atteggiamento di renziani e leghisti non è giustificabile e che deve essere chiaro che l’accordo, faticosamente raggiunto, così rischia di «andare in frantumi». Tranchant il giudizio dell’Anm: «Il disegno complessivo mi pare sia quello di trasformare i magistrati in burocrati: un’impostazione figlia di un grave errore di prospettiva». Ora la riforma, che il Guardasigilli, aveva definito «ineludibile», può proseguire il suo iter. Domani la commissione Giustizia avvierà le votazioni dei sub emendamenti con l’obiettivo di far approdare il testo in aula il 19 aprile, come da calendario. Un primo traguardo da raggiungere che, si teme, potrebbe ancora riservare tensioni.