«Il tema del recupero di credibilità della giurisdizione, della cui importanza nessuno dubita, deve essere affrontato guardando al nucleo delle questioni, costituito dalla resa del servizio, dalla risposta di giustizia, che deve eliminare o accorciare i ritardi e non deve essere condizionata dall’ossessione dei numeri e del carico di arretrato. Non va invece assecondato il proposito di ridurre l’azione riformatrice al disegno, più o meno espresso, di contenimento, di compressione del ruolo del magistrato sì come la Costituzione lo ha voluto». A ribadirlo è il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, in apertura del lavori del comitato direttivo centrale. «Sotto l’egida di alcune parole d’ordine, quali valutazione della professionalità, regole meritocratiche e principio di responsabilità, si vorrebbe, almeno da qualcuno, introdurre una strutturazione gerarchizzata dell’assetto della magistratura, con l’intento di mettere in riga i magistrati - denuncia Santalucia - concentrare tutta la loro attenzione e tutte le loro energie sulle preoccupazioni di carriera, sui voti ottenuti e sperati in occasione delle valutazioni di professionalità, addirittura, ultime notizie giornalistiche, sui meccanismi di progressione economica della carriera». «Se prevalesse questo disegno, che tradisce culture istituzionali sorpassate dalla Storia, le istanze di giustizia sarebbero messe da canto, il magistrato impiegatizzato penserebbe a se stesso, tratterebbe con egoistica sapienza i casi posti al suo esame, farebbe prevalere una logica produttivistica volta a definire le pratiche e non a cogliere, anche a costo di rallentare i ritmi dell’impiegato modello, la complessità che conforma la vicende di vita, il dolore e la sofferenza che spesso le attraversa quando il conflitto si struttura e interpella un giudice. I magistrati - chiosa il presidente Anm - sarebbero finalmente ricondotti nel loro recinto».

Santalucia: «La magistratura non è in guerra con nessuno»

«È da rifiutare l’idea che ci sia e ci sia stato un conflitto, una contrapposizione che evochi la guerra, realtà tragica che non andrebbe evocata a sproposito. La magistratura non è in guerra con nessuno, non lo è mai stata, non si impegna in conflitti e scontri, meno che mai con le altre Istituzioni», sottolinea ancora Santalucia. Che quindi dice no alla «deriva» di «restaurazione da antico regime» alla quale «ci opponiamo con la forza delle idee, con la critica argomentata, con l’ostinata convinzione che l’assetto democratico della nostra comunità non possa pagare un prezzo così alto e irragionevole ai propositi di quanti coltivano l’idea di un annoso conflitto tra magistratura e politica, iniziato proprio trent’anni fa, da chiudersi con la sconfitta dei magistrati», spiega Santalucia. «La sconfitta non sarebbe infatti dei magistrati ma della giurisdizione, della sua effettività nel quotidiano impegno per la tutela dei diritti e per l’efficacia del controllo di legalità», sottolinea, evidenziando che «le rappresentazioni alterate, funzionali a narrazioni che non rendono giustizia alla realtà, ben più complessa e comunque refrattaria alle letture semplificate, giovano soltanto a rendere assai più disagevole un percorso riformatore che deve soddisfare attese di rafforzamento della giurisdizione, opposte a quel futuro di sicuro indebolimento che avvertiamo, ove alcune proposte diventassero legge, come un pericolo per la qualità della nostra democrazia», ammonisce il presidente Anm.

Riforma Csm, «preoccupazione per i tempi di approvazione»

«Ad oggi non è ancora disponibile il fascicolo dei subemendamenti agli emendamenti del Governo ma sappiamo che sono molti e molti si muovono nella direzione che abbiamo criticato. Il tempo scorre, alla preoccupazione per alcuni contenuti delle proposte si accompagna quella per i tempi di approvazione», sottolinea Santalucia con riferimento ai 456 subemendamenti presentati dai gruppi in Commissione Giustizia alla Camera alla proposta del governo sulla riforma del Csm. «Non siamo contrari a che i magistrati siano valutati e che non ci vogliamo sottrarre alle giuste verifiche del nostro operato; non siamo pregiudizialmente ostili all’Avvocatura e all’accrescimento del suo ruolo all’interno dei Consigli giudiziari, e non vogliamo certo che le attuali situazioni di inefficienza siano mantenute. Gli obiettivi dichiarati della riforma sono condivisibili. E non è la magistratura associata ad opporsi alle riforme», prosegue il leader dell'Anm sottolineando che «le nostre critiche si sono appuntate su alcuni aspetti della riforma, su alcune soluzioni che dovrebbero assicurare il risultato».

No alle pagelle dei magistrati

Quindi, secondo il leader dell’Anm, «il miglioramento del sistema di valutazioni periodiche non passa per l’introduzione dei voti da pagella, ma per l’arricchimento ed oggettivizzazione delle fonti di conoscenza; l’apporto utilissimo dell’Avvocatura non si realizza se si chiamano gli avvocati a votare, in costanza di esercizio della professione forense e quindi senza essere sospesi come avviene per il Csm, sull’operato del magistrato che il giorno prima hanno incontrato nell’aula giudiziaria o che incontreranno il giorno dopo, con una commistione di ruoli, di naturale contraddittore processuale e di valutatore di colui che ha rigettato una loro domanda, non ha accolto una loro tesi, o che ciò farà domani per dovere d’ufficio». E ancora: «è controproducente - ha aggiunto - accrescere i vincoli di gerarchia interna agli uffici, aumentare il potere dei dirigenti degli uffici giudiziari, insomma, tracciare una strada che in modo anacronistico vorrebbe affidare a queste revisioni il bisogno di una maggiore professionalità dei magistrati».