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Il carcere di Milano Opera nel quale si trova il detenuto Alfredo Cospito
Alfredo Cospito è stato dimesso dall'ospedale San Paolo di Milano ed è tornato nel carcere di Opera, nel Milanese, sempre in regime di 41 bis. Le condizioni di salute dell'anarchico, che è in sciopero della fame dal 20 ottobre e che si è visto rigettare dalla Cassazione la revoca del regime di carcere duro, sono dunque stabili, tanto da indurre i medici a dimetterlo.
Per lui si sono aperte le porte del Sai, il Servizio di Assistenza Intensiva, dove, assicurano da via Arenula, sarà assicurata la massima attenzione alle sue condizioni di salute. A confermarlo anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, parlando di «un miglioramento delle condizioni dell'anarchico» che «ha consentito il suo trasferimento nel carcere di Opera, dove sarà accuratamente seguito. Il regime del 41 bis non ha finalità inutilmente afflittive e lo Stato non fa passi indietro davanti ai violenti».
Dopo il no della Cassazione Cospito ha continuato lo sciopero della fame che sembra diventato più stringente. Da quanto apprende LaPresse, al rientro nel carcere milanese non ha assunto zucchero o integratori. Al momento, precisano fonti legali, «assume solo acqua e sale, questa mattina ha preso un po' di zucchero e ha deciso poi di non prenderlo più. Da venerdì non ha più preso nemmeno l'orzo», come invece aveva fatto prima della decisione di venerdì scorso.
Nel carcere di Opera, evidenzia il legale delegato dall'avvocato difensore di Cospito, Flavio Rossi Albertini, non è presente il macchinario che monitora il cuore costantemente. «Dicono che ha preso un po' di peso - aggiunge - ma sarà lo zucchero dice lui o il fatto che lo pesano vestito, con diversi maglioni, e con le scarpe». «Cospito riferisce di sentirsi un pochino più stanco fisicamente dopo l'interruzione del potassio, di venerdì scorso, ma il morale pare alto», precisa ancora il legale. Intanto, il mondo anarchico, continua a fremere, con toni che appaiano in crescendo tanto che sul web si parla di una «volontà di annientamento da parte dello Stato nei confronti del compagno, già definita a dicembre con l'esito dell'udienza al tribunale di sorveglianza di Roma. Quest'ultimo trasferimento dal San Paolo ad Opera si pone perfettamente in linea con tale volontà di annientamento. Intendono distruggere un compagno e con lui credono di dare un monito alla lotta rivoluzionaria in questo paese. L'intento, però, è vano: la necessità di lottare contro lo Stato e il capitale è inestirpabile, il desiderio di rovesciare questa realtà sociale autoritaria è inestinguibile. Morte allo Stato, sempre per l'anarchia».