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C’è un dato su tutti. Un dato che rassicura ma impegna anche lo Stato a scelte serie e trasparenti. Lo ha comunicato stamattina il commissario straordinario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo: «Oggi abbiamo 20,7 milioni di somministrazioni, a fronte di 24,7 milioni di vaccini finora pervenuti: abbiamo dunque 4 milioni di dosi da inoculare in questi giorni, finché il 6 maggio non arriveranno le nuove». E visto che siamo davvero al ritmo di mezzo milione al giorno, quanto a dosi inoculate, vuol dire che ormai l’efficienza della macchina tende alla “perfezione” dell’esaurimento quotidiano delle scorte disponibili, con uno scarto di due-tre giorni. Tutto si può far meglio, ma considerata la situazione dei primi due mesi, l’Italia può dirsi sui binari di una campagna vaccinale seria, da Paese avanzato qual è. Il dato è importante innanzitutto perché di più, contro il covid, si potrebbe fare poco, ma anche perché l’efficienza può essere finalmente messa al servizio di una ripresa razionale e calibrata. Non a caso, poche ore prima dell’annuncio fatto da Figliuolo all’inaugurazione dell’hub istituito ad Ostia, il commissario straordinario aveva già pronunciato un’altra frase chiave: «Dobbiamo mettere velocemente al sicuro gli over 65 e poi andiamo sulle classi produttive». Un attimo signori: abbiamo sentito bene? Siamo dunque arrivati al punto in cui possiamo permetterci l’addio al tabù dell’ordine per categorie? Torna attuale la logica seguita, sicuramente con troppa precipitazione, da diversi governatori, che nello scorso mese di febbraio provvidero a istituire “corsie preferenziali” per alcuni settori della popolazione? Sta cioè per tornare in gioco anche l’ipotesi che gli operatori della giustizia siano inseriti nella griglia di questa seconda fase? Domande legittime, se si pensa all’altra campagna, quella con cui magistrati e soprattutto avvocati sono divenuti vittime di una violentissima delegittimazione mediatica, dopo che alcune Regioni avevano appunto inserito il personale della Giustizia tra le precedenze e scatenato l’indignazione di diversi giornali (basti pensare al velenoso articolo firmato lo scorso 11 marzo su Libero da Filippo Facci). I casi di precedenza accordata alle toghe (e in alcune Regioni solo a giudici e cancellieri, perché i dipendenti pubblici sono sempre un’altra cosa...) sono stati distorti nell’epitome dell’italico vizio al feudalesimo castale. Fino all’inopportuno comunicato con cui l’Anm lo scorso 28 marzo paventò un rallentamento — o almeno ne ipotizzò la pianificazione da parte dei magistrati dirigenti degli uffici — dell’attività processuale qualora fosse stata confermata l’esclusione della giustizia dalle precedenze nei vaccini. Al di là della retorica anticasta, certo non alimentata da lui, il generale Figliuolo è stato rigoroso e inattaccabile: ha imposto nei limiti del possibile l’esclusivo criterio della piramide anagrafica. A volte le Regioni divagano, tanto che sempre ieri il commissario ha dovuto richiamare ancora una volta i governatori al rispetto dei criteri nazionali, ma nel complesso l’uniformità c’è stata e i risultati si sono visti. Tutto sta a capire ora se il passaggio dall’esclusivo (o quasi) ordine anagrafico a un piano per «classi produttive» basterà a far cadere il veto su avvocati e magistrati. A smontare la preclusione anticasta che ha declassato la giustizia da settore meritevole di speciale tutela a presunta autoreferenziale cerchia di furbastri. Una distorsione semantica, questa, che ha comunque prodotto danni d’immagine non facilmente riparabili. Si tratta di verificare se una figura seria e autonoma come Figliuolo avrà la forza politica di non farsi impressionare dal populismo. E se restituirà agli operatori della giustizia la tutela fatta passare, dai giornali, come indegno privilegio. A meno che, per categorie produttive non si vogliano considerare solo il settore industriale o il terziario più o meno avanzato. A meno che, dopo aver ripetuto almeno un centinaio di volte al giorno dall’inizio del dibattito sul Recovery che l’efficienza della giustizia è essenziale per la ripresa, non ci si rimangi tutto. Fino ad affermare improvvisamente che non è vero, che le «classi produttive» sono altre, e che avvocati e magistrati sono poco più che amabili perditempo. Vediamo, verifichiamo se ci sarà coerenza con le parole del Pnrr, con le ripetute affermazioni di Mario Draghi e l’incontestabile frase consegnata dalla guardasigilli Marta Cartabia nella sua prima intervista: «Se non completiamo le riforme, semplicemente non ci danno i fondi». Perché la giustizia è precondizione di tutto, è garanzia che anche le classi produttive possano operare in un contesto di tutele e certezze giuridiche. Diamo per scontato che non appena le vaccinazioni smetteranno di procedere solo per età decrescente e obbediranno anche a “precedenze strutturali”, avvocati e magistrati torneranno in cima alla lista. Altrimenti ci verrebbe il sospetto che anche le affermazioni sulla priorità della Giustizia fanno parte di una liturgia fine a se stessa.