Il Consiglio Nazionale Forense esprime la propria solidarietà all'avvocata Ilaria Salamandra, che con un video pubblicato sui social ha denunciato la decisione della giudice del Tribunale di Roma di non accogliere la sua richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, presentata perché il figlio doveva sottoporsi a controlli in day hospital all'ospedale Bambino Gesù di Roma.

“Riteniamo - afferma il presidente del Cnf Francesco Greco - che la decisione della giudice sia stata ingiusta e in contrasto con i principi fondamentali della giustizia, in particolare per quanto riguarda il diritto alla difesa. L'avvocata Salamandra aveva giustificato la sua richiesta di rinvio con motivi validi e giustificati, eppure la giudice ha deciso di non tenerne conto, impedendole così di esercitare il suo dovere di rappresentare il cliente in modo adeguato”. Il Cnf, conclude quindi il presidente Greco “ribadisce l'importanza del rispetto dei diritti degli avvocati e dei loro clienti e chiederà al consiglio giudiziario di Roma di prendere provvedimenti per garantire che situazioni come questa non si ripetano in futuro”. 

“Non è la prima volta che capita un episodio del genere nel Tribunale di Roma - commenta il presidente dell'Ordine degli avvocati di Roma, Paolo Nesta -, ricordiamo il caso di una collega cui venne negato il legittimo impedimento nel giorno della data presunta del parto. Ora questo nuovo caso, che lede non solo la dignità e il decoro della professione forense, ma la dignità stessa della donna: assurdo, in un'epoca in cui si parla di parità di genere e di cosa fare per eliminare le disparità”. 

Insomma, un caso di “ordinaria amministrazione”, è l’amaro commento della Camera penale di Roma. “Se non fosse che l’istanza è ben documentata e adduce uno di quegli impedimenti che per definirli non legittimi serve una buona dose di cinismo”, aggiungono i penalisti. 
“Con l’istanza, infatti, la collega comunica al giudice di dover assistere il figlio di due anni che subirà un’anestesia totale per via di un’indagine TAC a cui dovrà sottoporsi, perché a due anni non sempre ti si riesce a convincere che devi stare immobile in tubo. Roba seria, insomma, che se uno ha un figlio trattiene il fiato e si commuove pure”, prosegue la nota. “E invece, a quanto pare, il collegio, guidato con mano salda dalla sua presidente, non ci pensa proprio a rinviare l’udienza, non solo perché il teste, dopo assenze tanto ripetute da valergli un’ammenda, è arrivato, ma pure, udite udite, perché in ogni caso, alla visita, il bambino poteva accompagnarcelo il padre. Messa così, allora, converrete che non è affatto ordinaria amministrazione”. 
“È invece – scrivono i penalisti - l’ennesima manifestazione di un’idea proprietaria del processo da parte di alcuni magistrati che immaginano di poterlo amministrare a prescindere dal ruolo, dalle funzioni e dalle esigenze delle parti, specie della parte debole di tutta questa storia, l’imputato, al quale solo, come in passato abbiamo avuto modo di rimarcare, il processo per davvero appartiene. E questa idea non è tollerabile, né la sopporteremo oltre”, conclude la Camera Penale, che adotterà tutti “gli opportuni provvedimenti” dopo aver verificato se “per avventura la narrazione - pure di prima mano - non sia stata in qualche modo inconsapevolmente imprecisa”.