La zona rossa, le terapie intensive impossibilitate ad assistere tutti coloro che ne avevano bisogno, il Tribunale chiuso e l'angoscia di uno stravolgimento totale delle proprie esistenze. Sono pagine indimenticabili di un anno fa. In piena pandemia (si veda Il Dubbio del 7 marzo 2020) Angela Maria Odescalchi, presidente del Coa di Lodi, ci raccontò quanto stava accadendo in questa parte d'Italia, diventata famosa in tutto il mondo per il primo focolaio di Coronavirus scoppiato in Europa. Quasi venti mesi dopo abbiamo modo di fare nuovamente con l’avvocata Odescalchi il punto su come vanno le cose per i legali del Foro di Lodi, uno dei più piccoli della Lombardia (gli iscritti sono 521). La presidente dell'Ordine degli avvocati della città lombarda in ogni suo ragionamento trasferisce realismo ed ottimismo, conscia del fatto che l'esperienza della pandemia debba essere un punto di ripartenza. Una sorta di anno zero. Anche per l'avvocatura. «L'esperienza legata alle misure emergenziali dovute al Covid – dice al Dubbio l’avvocata Odescalchi - ha dimostrato che dentro l’avvocatura lo spirito non è affatto morto. L’introduzione della possibilità estesa anche ai Coa di organizzare corsi di formazione da remoto ha facilitato l’uso di strumenti prima ai più sconosciuti, che ci hanno permesso di rimanere in contatto con i nostri iscritti nei momenti più bui della pandemia. È stato possibile creare occasioni di confronto e scambio di informazioni tra Ordini diversi, sviluppando un’interazione positiva e programmatica prima difficilmente percepibile. Nel nostro piccolo, avevamo istituito un incontro settimanale, “La chiacchierata del giovedì”, a cui nel corso del tempo hanno cominciato a partecipare colleghi di Fori diversi, grazie al tamtam della comunicazione social». «È stato un importante momento di confronto sull'adozione o meno delle misure emergenziali che via via venivano varate dal governo o proposte dalla locale presidenza del Tribunale o dalla Procura della repubblica». Le ridotte dimensioni del Foro lodigiano consentono di preservare rapporti umani, prima ancora che professionali. Con la possibilità di una qualità della vita lavorativa molto buona. «La piccola dimensione – aggiunge Odescalchi - si è rivelata sicuramente una carta vincente rispetto ad altre realtà, molto più complesse ed eterogenee per problematiche, esigenze e condivisioni». Quello di Lodi è un Foro che si distingue per una presenza considerevole di avvocate. «Il nostro Ordine – sottolinea la presidente - è composto in prevalenza da donne. Le avvocate sono 243 contro i 190 avvocati e la stessa tendenza si incontra tra i praticanti: 49 donne e 39 uomini. Un segnale importante che sottolinea come la professione forense si stia modificando e riorganizzando anche dall'interno». In oltre un anno e mezzo, dal 2020 ad oggi, nel Coa di Lodi ci sono state ventiquattro cancellazioni, dovute in prevalenza a decessi e a qualche trasferimento e pensionamento. Secondo Odescalchi, lo spettro dell’abbandono delle toghe non aleggia nella città fondata da Federico Barbarossa: «In aumento fortunatamente sono anche le nuove iscrizioni, soprattutto di giovani colleghi che hanno dato prova di grande vigore ricostituendo la sezione Aiga e programmando una serie di iniziative volte a rafforzare la coesione e l'interscambio di informazioni ed esperienze. È in prevalenza un Foro giovane, che lascia ben sperare, rispetto alla tendenza nazionale, per impegno e innovazione degli strumenti e delle modalità di esercizio della professione. Al momento c’è stata una sola cancellazione di una collega che ha vinto un concorso pubblico». Il tema su cui sarebbe opportuno rivolgere maggiori attenzioni riguarda le prospettive che si offrono ai laureati in giurisprudenza. La spinta motivazionale è fondamentale se si offrono ai praticanti effettive opportunità per mettersi in gioco. «Il fenomeno degli avvocati che lasciano è attuale», evidenzia Odescalchi. «Credo, però, che sia più preoccupante il numero di laureati in giurisprudenza che scelgono di non esercitare la nostra professione. Nella mia esperienza, infatti, mi sono trovata più volte davanti alla difficoltà di motivare concretamente un giovane laureato a insistere nella professione nonostante le difficoltà. Non è difficile far appassionare al nostro lavoro. La battaglia per un diritto, la preparazione del fascicolo e l'adrenalina dell’udienza sono generalmente aspetti affascinanti e coinvolgenti. Poi però subentrano altre valutazioni, legate soprattutto all’instabilità economica. Questo è il fattore che alla fine fa propendere per scelte diverse». Osservare con attenzione la realtà circostante e sforzarsi di comprenderla sono due esercizi essenziali per ogni avvocato. Ne è convinta la presidente del Coa di Lodi. «Ogni momento storico – commenta - ha le sue peculiarità, che condizionano per conseguenza le esigenze, le opportunità e la capacità di adattamento dei singoli. Credo valga anche per la professione forense, che, forte della sua antichissima origine, deve necessariamente evolversi secondo nuove e più immediate esigenze non dimenticando il ruolo di motore del cambiamento e del progresso socio-culturale che ha sempre rivestito. La nostra è un’epoca di grandi trasformazioni e io sono un'inguaribile ottimista. Non è questione se sia più facile o più arduo svolgere oggi questa professione. È sicuramente diverso, quantomeno da come ce lo hanno insegnato e la sfida consiste nel rinnovamento che non trascuri, oggi come allora, passione, vocazione e impegno». In questo contesto si innesta la riflessione su due temi, oggi più che mai attuali, molto sentiti dal Consiglio nazionale forense: il riconoscimento del ruolo costituzionale della figura dell'avvocato e l’equo compenso. «Si tratta – conclude la presidente Odescalchi - di due aspetti fondamentali per ripartire, perché strettamente connessi alla dignità della professione e alla garanzia della funzione. Sarà necessario che ciascuno di noi, tendenzialmente poco propenso alle innovazioni, si adatti a maneggiare strumenti diversi anche per l’esercizio della professione, adeguandosi al progresso tecnologico con maggiore duttilità. Occorre spostare l'attenzione dei nostri organismi rappresentativi verso la regolamentazione di forme di comunicazione diverse, il cui attuale uso, soprattutto sui social, si presta invece a continue violazioni dei codici deontologici».