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Spett. Redazione de Il Dubbio, leggo sempre molto volentieri il Vostro quotidiano, che, sinceramente, mi fa iniziare meglio (indignazioni a parte…) la giornata lavorativa. Per la prima volta voglio ora sottoporVi quanto mi è accaduto presso il Tribunale di Treviso, sezione Volontaria Giurisdizione. Ho fatto un ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio per un operaio che, a fronte di uno stipendio mensile di comprovati € 1.400,00 ed un canone di locazione di € 225,00 mensili per una stanza di un appartamento in condivisione con altre persone (non potendo permettersi altro) deve pagare, a seguito del divorzio, € 200,00 mensili all’ex coniuge ed € 550,00 alla figlia. Vero è che tali condizioni erano conseguenti ad un divorzio consensuale (non patrocinato da me): ma come spesso accade chi non può permettersi un avvocato o non vuole, per una sorta di remissività, entrare in conflitto con la controparte, accetta anche determinate condizioni. Sta di fatto che, come appare evidente, tali condizioni non son sono più – umanamente – sostenibili (basta fare due conti matematici) ed oltretutto, rispetto all’epoca del divorzio, attualmente la ex moglie lavora, anche se la stessa tiene tutto ben nascosto e l’unica cosa che siamo riusciti a reperire (probabilmente, in effetti, un po’ poco) è una sua pagina pubblicitaria in internet da cui risulta che lavora come interprete. Avevo quindi chiesto, con apposito ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio, l’eliminazione dell’assegno di mantenimento in favore della ex moglie e la riduzione dell’assegno per la figlia ad € 400,00. Il ricorso è stato integralmente respinto. Ma, naturalmente, non è del merito della sentenza che intendo discutere, questo è ovvio. La decisione può anche essere corretta da un punto di vista strettamente giuridico. Il fatto è che la sentenza ha condannato il ricorrente alla rifusione delle spese legali della resistente, che però…era contumace! Ora, tutti possono sbagliare, nulla da dire, ma questo procedimento era in Volontaria Giurisdizione e quindi la decisione era collegiale. Un giudice, come detto, può sbagliare, ma altri due, a fronte di una circostanza così macroscopica, a mio avviso no. Quindi, questo cosa significa? O che tre giudici hanno commesso il medesimo errore, oppure che, evidentemente, in realtà nei procedimenti di Volontaria Giurisdizione del Tribunale di Treviso non esiste alcun Collegio ed i giudici sottoscrivono le sentenze del relatore senza nemmeno aver letto un rigo. Tertium non datur. Qualcuno, forse, mi potrà obiettare che è risaputo sia così, che i giudici sono oberati di ricorsi e così via. Non so quanto questa “giustificazione” sia valida ed anche qui non entro nel merito di tali disquisizioni. Sta di fatto che un conto è “sospettare” una cosa, un altro è avere la “prova provata”, come a mio avviso dimostra questo caso, che le cose stiano realmente così. Grato per la cortese attenzione, porgo i miei più cordiali saluti unitamente ad un sincero augurio di buon lavoro, avv. Adolfo Valente