Una recente sentenza del Tar Bari ha avuto grande risalto. Gli atti che autorizzavano lavori di potenziamento della rete ferroviaria – finanziati con i fondi del Pnrr – sono stati annullati per non aver considerato un vincolo paesaggistico sull’area. Il clamore mediatico su tale sentenza ha finito per dare spazio a un’idea sbagliata, che sembra però diffusa nella percezione generale: l'idea che siano i giudici amministrativi a bloccare l'esecuzione delle opere; e, se le opere sono quelle finanziate con il Pnrr, l’idea che i giudici amministrativi costituiscano un ostacolo per il conseguimento dei relativi finanziamenti. Il tema è cruciale, e rende necessaria una presa di posizione chiara. Il rischio di perdere quei finanziamenti è gravissimo: le opere del Pnrr devono essere realizzate nei termini per non vanificare un'opportunità straordinaria di rilancio per il paese. È certamente in questa prospettiva che va visto il potere del giudice amministrativo di intervenire sugli appalti. Si tratta di un potere di intervento che – in base alla disciplina ora vigente (frutto di numerose e recenti modifiche) – ha un’incidenza limitata: sui numeri, perché solo una minima frazione degli appalti pubblici è interessata da giudizi amministrativi; sui tempi delle opere, perché in materia di appalti i giudizi hanno tempi rapidi come in nessun altro settore; sull’avvio e sull’esecuzione delle opere, perché il potere del giudice amministrativo di sospendere in via d’urgenza gli atti è sottoposto a condizioni sempre più stringenti; e ormai di regola le sentenze, anche se accertano che gli atti sono illegittimi, non possono bloccare la stipula del contratto d’appalto e l’esecuzione delle opere. Tutto ciò è in realtà assai problematico. L’accesso al giudice amministrativo è sottoposto negli appalti al pagamento di un contributo d’ingresso senza uguali negli altri settori. E, in questa materia, la funzione stessa del giudizio amministrativo cambia e può perdere il suo senso. È infatti assai discutibile che per legge debba avere esecuzione un contratto d’appalto con un’impresa che non doveva essere scelta come contraente (e che può non essere neppure in grado di realizzare l’opera). In questi casi è previsto che all’impresa che avrebbe dovuto essere prescelta spetti un risarcimento, ma non la possibilità di conseguire quell’appalto.  Ma un risarcimento nei confronti dell’amministrazione è un rimedio tutto da verificare: se rimarrà solo una previsione sulla carta, allora vi sarà un diniego di tutela; se verrà corrisposto, si avrà comunque un esborso pubblico ingiustificato. Pur con tali problemi, questa comunque è la situazione attuale. E, rispetto ad essa, non pare davvero che il potere d’intervento del giudice amministrativo e il ruolo della giustizia amministrativa possano essere ulteriormente ridotti. Va invece ribadito che, anche se l’incidenza dei suoi poteri è ora così limitata, è fondamentale che un giudice degli atti amministrativi vi sia. Non si può eliminare la possibilità di rivolgersi a un giudice in tema di appalti: non lo consente la Costituzione e non lo consente neppure la normativa europea. Ma, se anche si potesse, il mondo degli appalti non diventerebbe più efficiente. Senza un giudice tecnico che garantisca la legalità in tale importantissimo e delicato settore, ad essere danneggiata sarebbe la collettività, che subirebbe gli effetti di un’attività amministrativa insindacabile nelle scelte e nella condotta procedimentale (dalla quale potrebbero scomparire democraticità, razionalità e partecipazione, senza alcun rimedio). Non si può fare a meno di un giudice che valuti se gli atti sono o no legittimi, cioè conformi alle regole. Sono le regole a dover essere verificate e cambiate se quelle vigenti non consentono la rapidità procedurale necessaria a conseguire i finanziamenti del Pnrr. È alle regole che si deve mettere mano se si vogliono eliminare appesantimenti dell’attività amministrativa non necessari perché non imposti dalla normativa europea. E a questo scopo la redazione del nuovo codice dei contratti pubblici – ora in corso d’opera – dovrà concludersi quanto prima ed essere precisa nelle scelte. La strada non è quella di rinunciare alla legalità e al giudice che la garantisce (ciò che non è possibile né utile), ma quella di riscrivere le regole per renderle conformi agli obiettivi che si vogliono perseguire. Roma, 6 dicembre 2022 I componenti del Consiglio direttivo dell’Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti: Mario Sanino, Daniela Anselmi, Luigi D'Angiolella, Franco Zambelli, Tommaso Pallavicini, Alberto Bagnoli, Fiorenzo Bertuzzi, Stefano Bigolaro, Alessandra Carozzo, Giampiero De Luca, Domenico Iaria, Patrizio Leozappa, Alessandra Noli, Roberto Manservisi, Valeria Pellegrino, Salvatore Raimondi, Beatrice Tomasoni, Alessandro Tudor, Ruggero Tumbiolo, Lodovico Visone