All’Ordine forense di Roma vanno riconosciuti una tenacia e un impegno, sulla questione dell’ equo compenso, in grado di “sfidare” persino le carenze normative causate dalla mancata approvazione in Parlamento della nuova disciplina. Ed è di due giorni fa la notizia di una nuova sentenza favorevole ottenuta, sui compensi professionali, dal Coa capitolino, stavolta dinanzi al Tar Campania, in una controversia con il Comune di Lacco Ameno. Oggetto del contendere, l’avviso pubblico emesso dal comune ischitano il 22 marzo scorso per l’aggiornamento dell’elenco di avvocati ai quali affidare incarichi esterni di assistenza legale. Un avviso che, si legge in una nota dell’Ordine di Roma, «nel determinare l’onorario spettante all’avvocato per la propria opera professionale, non garantiva l’equo compenso, in totale spregio della relativa disciplina e dei parametri ministeriali». Così l’altro ieri, con la sentenza 14 novembre 2022, n. 7037, il Tar ha integralmente accolto le ragioni del Coa, difeso dall’avvocato Lorenzo Maria Cioccolini. In particolare, la VI Sezione del Tribunale spiega che “gli atti impugnati sono anzitutto lesivi del principio dell’equo compenso, prevedendo corrispettivi per l’attività professionale completamente sganciati da una valutazione in concreto di qualità e quantità dell’impegno richiesto”. E “la circostanza che il singolo professionista resti libero di valutare la convenienza dell’incarico e di rifiutarlo nel caso in cui ritenga non equo il compenso non rileva, dato che ciò non esclude la violazione... dell’obbligo dell’amministrazione di garantire un compenso equo”. I provvedimenti sono stati dunque annullati e il Comune condannato al rimborso delle spese. «La battaglia in difesa dell’equo compenso», ha commentato il presidente dell’Ordine di Roma Antonino Galletti, «si conduce metro per metro, articolo per articolo, bando per bando. Facilmente gli enti locali, talvolta anche per scarsa conoscenza delle norme o per problemi di bilancio, tendono a prevedere pagamenti a cottimo o addirittura incarichi gratuiti ricompensati con il supposto prestigio di lavorare gratis per le istituzioni». «Sono situazioni che vanno sanate immediatamente anche per via giudiziaria, ovunque si verifichino: le sentenze ci danno ragione e spesso il timore di perdere in giudizio ha determinato molti enti a modificare i bandi in autotutela prima ancora di sedersi davanti al giudice. Ci piacerebbe», ha concluso Galletti, «che, a seguito della non più procrastinabile riforma, sia consentito agli Ordini di avviare i giudizi anche nei confronti dei vari soggetti privati tenuti al rispetto della disciplina sull’equo compenso».