Si terrà nell'ultimo week end di settembre, da venerdì 24 a domenica 26, presso l'Ergife Palace Hotel di Roma, il XVIII Congresso ordinario dell'Unione Camere Penali Italiane: "Cambiare la Giustizia, cambiare il Paese - Le proposte dell'avvocatura penale per una nuova stagione delle garanzie".  «È un titolo - ci dice il Presidente dell'Ucpi Gian Domenico Caiazza -  che vuole rappresentare la centralità che per la vita del Paese  hanno assunto ormai le questioni della giustizia penale. Esse vanno ben al di là del loro stretto ambito  e rappresentano tematiche sulle quali si misurano e si misureranno le scelte valoriali fondamentali degli schieramenti politici. A questo punto parlare della giustizia penale significa necessariamente discutere dell'idea di Paese che vogliamo: che pone al centro i valori dei diritti di libertà delle persone o che si fa prosecuzione di una idea populista, giustizialista e securitaria?».  L'incontro ci sarebbe dovuto essere già lo scorso anno, a due anni di distanza dall'ultima assise di Sorrento, e ad un anno da quello straordinario di Taormina ma, a causa della pandemia, è stato rimandato per permettere di svolgerlo in presenza, seppur rispettando le norme di sicurezza sanitaria. Il congresso dei penalisti italiani arriva dunque in un momento particolare per il sistema giustizia: accantonato il Ministero a guida Alfonso Bonafede che faceva tribolare gli animi garantisti dei congressisti, ora si gioca la vera partita delle riforme sotto la guida della Ministra Cartabia. A fine settembre  potrebbe essere stata già chiusa la partita sul processo penale  qualora il Senato riuscisse, senza intoppi, a promuovere il testo approvato ad inizio agosto alla Camera. Prospettiva difficile, come vi abbiamo raccontato, visto che tutti gli attori in gioco, tranne via Arenula e Palazzo Chigi, pretendono spazi di modifica. Comunque se così non fosse, i penalisti sarebbero chiamati a fare un bilancio e a concentrarsi sui decreti attuativi di quella parte di riforma non immediatamente vigente: «Continuo a suggerire - prosegue Caiazza - l'opportunità di non usare il termine 'riforma' del processo penale, in quanto mi sembra totalmente inadeguato rispetto agli interventi, seppur significativi, che ci sono stati. Essi sono limitati al tentativo di intervenire sulla durata del processo penale. Per il resto, indubbiamente, vigileremo con grandissima attenzione sui decreti legislativi. Ma continueremo ad approfondire le ragioni e ad esprimere i nostri dissensi rispetto ad alcune soluzioni normative raggiunte. La vergognosa trattativa ispirata da esigenze di pura propaganda politica con la quale si è attribuito al giudice il potere pressoché arbitrario di prorogare i termini della prescrizione processuale è una ferita aperta. In merito adotteremo tutte le iniziative opportune di studio, di denuncia e di confronto e, quando sarà il momento, anche di proposizione di questione di legittimità costituzionale». Su questa critica c'è una sintonia con la magistratura, se pensiamo a quanto scritto da Nello Rossi di Magistratura democratica su questo giornale e a quanto detto anche dal Presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia in diverse interviste: «con Nello Rossi ci troviamo spesso d'accordo ma farei attenzione - sottolinea Caiazza  - per quanto riguarda l'Anm. Ho letto con attenzione le dichiarazioni del presidente Santalucia: è vero, contesta anche lui l'eccessiva discrezionalità affidata ai giudici, tuttavia egli indica una soluzione che noi riteniamo allarmante. Ossia ampliare il catalogo dei reati per i quali aumentare il numero delle proroghe, in una significativa convergenza con le posizioni più estreme del populismo». Al centro del dibattito dei penalisti ci sarà sicuramente anche l'altro terreno di riforma, di non minore importanza: quello riguardante il Consiglio Superiore della Magistratura e l'ordinamento giudiziario. Per l'avvocato Caiazza, in realtà, «sarà il tema principale delle nostre proposte per il prossimo mandato», dunque la questione su cui probabilmente si giocherà la sua rielezione e la conferma della sua Giunta. «La riforma dell'ordinamento giudiziario - denuncia  Caiazza -  non solo è finita nel dimenticatoio ma, inoltre, le conclusioni a cui è giunta la Commissione ministeriale presieduta dal professore Massimo Luciani sono sideralmente lontane da quelle che sono le vere necessità di modifica: non viene toccato nessuno degli aspetti cruciali della crisi dell'ordinamento e della magistratura. Pensare che questa situazione si possa risolvere con qualche intervento palliativo sul sistema elettorale del Csm  rappresenta davvero una illusione: si tratta di una prospettiva disarmante, quando invece proprio una riforma più organica e strutturale dell'organo di governo autonomo della magistratura dovrebbe rappresentare il punto centrale di rilancio per la riaffermazione della credibilità del potere giudiziario». E allora non potrà mancare la rivitalizzazione della battaglia per la separazione delle carriere tra giudici e pm: «certamente - conclude Caiazza -  ma ad inizio settembre, quindi prima dei lavori congressuali, torneremo a farci sentire con una nostra iniziativa sulla scia dell'impegno delle forze politiche preso nella scorsa manifestazione del 24 giugno  a piazza Cavour a Roma, e cioè il rilancio della calendarizzazione della proposta di legge di iniziativa popolare».