Le ambizioni non vanno mai incatenate. Se a queste si affiancano la passione – in questo caso per lo studio – e la disponibilità a fare qualche sacrificio, ogni traguardo diventa alla portata. Ha ragionato in questo modo Michele Campanile, che qualche giorno fa, all’età di 82 anni, ha giurato come avvocato davanti al Coa di Foggia nell’aula della Corte d’assise. L’avvocatura è la sua nuova “casa”, dopo essere stato per oltre quarant’anni professore di storia e filosofia nel liceo classico di Monte Sant’Angelo, borgo del Gargano famoso per il culto di San Michele.
L’avvocato Campanile ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’Università di Camerino quasi 60 anni fa. Dopo una lunga carriera a contatto con gli di studenti, la decisione di accantonare Socrate, Kant, Hegel, l’Unità d’Italia, le guerre mondiali e riprendere confidenza con il diritto e gli orientamenti giurisprudenziali. Non è stato semplice. Il praticantato prima e le prove di abilitazione poi in occasione dell’esame di abilitazione professionale lo hanno impegnato tanto. Ma, come detto, quando passione e ambizione si muovono armonicamente, ogni obiettivo può essere raggiunto. E ora l’ex professore di liceo può indossare la toga. Campanile ha le idee chiare anche in merito al percorso professionale che intende seguire: aiutare i più deboli e assistere i meno abbienti.
Gianluca Ursitti, presidente del Coa di Foggia, riconfermato poco più di un mese fa, saluta con gioia l’iscrizione all’albo dell’avvocato Campanile. Un valore aggiunto per l’intera categoria professionale, considerati pure i trascorsi come docente della nuova toga. «Quando accade che un uomo di 82 anni, e per di più di raffinata cultura – dice al Dubbio il presidente Ursitti - decide di avvicinarsi al mondo dell’avvocatura, questo ci riempie di orgoglio. La sua iscrizione al nostro Coa attesta che esiste ancora, e direi per fortuna, chi pensa che quella dell’avvocatura non sia una storia di sconfitta, ormai narrazione dominante, ma che invece restiamo custodi di un’idea che non ha età, che non può morire e che vede nell’avvocato ancora una figura nobile. Una figura culturalmente attrezzata, ancora disposta alle battaglie per difendere un’idea o a scendere in piazza per combattere una legge che consideriamo illiberale o ingiusta». La storia dell’avvocato Campanile offre un segnale molto incoraggiante. «Sappiamo tutti – aggiunge Ursitti - che una rondine non fa una primavera, ma, in tempi in cui la nostra professione soffre di obiettivo deficit di appeal e di uno spaventoso smottamento culturale, anche una goccia scava la pietra».