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Errare è umano ma perseverare è diabolico. Piercamillo Davigo, che non perde occasione di proporre tesi davvero poco condivisibili sull'avvocatura, dedica l’ultima perla di saggezza al referendum che vorrebbe assegnare il diritto di voto anche ai membri cosiddetti laici dei Consigli giudiziari, cioè avvocati e professori universitari. I Consigli giudiziari, per chi non lo sapesse, sono gli organismi consultivi del Csm che in ciascun distretto di Corte d’Appello forniscono pareri sugli avanzamenti di carriera dei magistrati e sull’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi. Orbene, perché Davigo come buona parte della magistratura non vuole che i “laici” – in particolare gli avvocati – concorrano al parere sulla professionalità dei magistrati? Sostiene che potrebbero trovarsi a valutare magistrati che hanno in carico cause che li riguardano come difensori, in modo da orientarne l’esito a loro favore, con la conseguenza ultima di crearsi una sacca di clientela interessata dall’influenza del ruolo istituzionale. Due piccole considerazioni. La prima: i Consigli giudiziari sono composti per la stragrande maggioranza da “togati”, giudici e procuratori, e per una parte residuale da “laici”. Per dare un’idea delle proporzioni, nel grande distretto di Milano, dove il Consiglio giudiziario è composto da 22 membri, i togati sono 16 e i laici 6, di cui 4 avvocati e 2 professori universitari. Vi è da chiedersi come il voto dei laici potrebbe orientare le decisioni. La seconda: ognuno giudica secondo i propri parametri, e certamente uno come Davigo, che conosce bene i suoi ex colleghi, non può credere che la categoria professionale limitrofa possa astenersi in caso di conflitto di interessi, dignità sconosciuta nel suo ambito! E proprio per questo vi è da chiedersi perché non proponga di abolire il voto anche per i togati che durante il loro mandato proseguono nelle funzioni inquirenti o giudicanti di fianco agli stessi colleghi, delle cui carriere dovranno decidere. La verità è che in un mondo dove per la stragrande maggioranza è l’anzianità a decidere della carriera, e tutte le valutazioni di professionalità dei magistrati oscillano tra il molto buono e l’ottimo, una voce minoritaria ma puntuale, motivata dall’interesse al funzionamento della macchina giudiziaria e non all’equilibrio partigiano, potrebbe dar coraggio anche a quei togati di buona volontà che il bavaglio vorrebbero davvero levarselo.