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Destinazioni: Caso Bibbiano

Caso Bibbiano Simona Musco 31 Oct 2020 09:01 CET

Bibbiano, dopo la gogna il processo: “Ma le prove che scagionano gli accusati sono sparite”

Dopo mesi di massacro mediatico inizia il processo di “Bibbiano”. L’accusa degli avvocati difensori: «La procura ha operato una arbitraria selezione degli atti d’indagine, occultando elementi a discarico: impossibile l’esercizio del diritto alla prova».
https://www.youtube.com/watch?v=ZsfcxWcnVS0

«Hanno sempre detto “parlateci di Bibbiano”, adesso iniziamo a farlo. Finalmente nella sede giusta». Oliverio Mazza e Rossella Ognibene sono sicuri: nei confronti di Federica Anghinolfi, ex assistente sociale dell’Unione della Val d’Enza, principale imputata del processo “Angeli&Demoni”, c’è «un pregiudizio diffuso ed effettivo» da parte dell’accusa. Un pregiudizio che, secondo i due difensori, trasuda da ogni pagina del fascicolo del pm Valentina Salvi, rea, a loro dire, di aver operato «una arbitraria selezione degli atti d’indagine», «occultando elementi a discarico», di fatto «rendendo impossibile l’esercizio del diritto alla prova».

Ovvero: molti degli atti indicati dal pm come fonti di prova nel fascicolo non ci sono. Spariti. Forse proprio perché – questa la tesi della difesa – tali atti sono «suscettibili di incidere senz’altro in senso favorevole sulla posizione» di Anghinolfi. Proprio per questo motivo ieri i due legali hanno chiesto la declaratoria di nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, della richiesta di rinvio a giudizio e di tutti gli atti conseguenti, compreso il decreto di fissazione dell’udienza preliminare iniziata ieri, con la restituzione del fascicolo al pm.È questo, senza dubbio, l’evento clou della giornata di ieri nell’aula bunker del tribunale di Reggio Emilia, davanti al quale una decina di persone esibiva gli striscioni di quella che fu la campagna elettorale di Matteo Salvini per le regionali con gli slogan su Bibbiano. Un clima sicuramente meno feroce, caratterizzato dal rammarico dei presenti per l’assenza degli imputati, a loro dire «troppo vigliacchi per presentarsi» e da volantini con su impresso l’ingresso del municipio di Bibbiano e la scritta “La valle oscura” a caratteri cubitali. Niente scontro, dunque, ma le dif2ese, nel chiuso di un prefabbricato enorme, in passato destinato al maxi processo “Aemilia, hanno contestato un’indagine “piena di buchi”. Per chiedere la nullità della richiesta di rinvio a giudizio Mazza e Ognibene si sono rifatti ad una sentenza della Corte costituzionale, la 142/2009, secondo la quale quando il fascicolo del pm è incompleto c’è un vulnus del diritto di difesa. È stata Ognibene a fare uno screening di tutti gli atti d’indagine, dal quale sono emerse numerose «omissioni».

Tra gli atti mancanti c’è l’archiviazione del filone modenese dell’indagine sull’abuso d’ufficio, un documento importante, ma non disponibile, sebbene fosse alla base delle analisi delegate dal pm al consulente. «A nostro avviso – spiega Mazza al Dubbio -, non si tratta di mere dimenticanze, perché sono tutte prove a discarico». Una selezione «arbitraria e illegittima», contestano i due difensori, che elencano ben venti atti di assunzione a sommarie informazioni testimoniali di cui non si ha traccia, tra i quali alcuni molto importanti. Come ad esempio quello del maresciallo Andrea Berci, ex comandante della caserma dei Carabinieri di Bibbiano, ovvero colui che ha segnalato ai servizi sociali diversi casi di possibile abuso su minori. Berci fu sentito dal pm proprio sull’attività dei servizi sociali oggi finiti sotto accusa. «Si dice che questa “associazione criminale” andasse a cercare falsi abusi per costruirci sopra i propri interessi – afferma Mazza -, la verità è che molti casi partivano dalle segnalazioni delle forze dell’ordine, in questo caso da un maresciallo dei Carabinieri. C’erano abusi veri e coperture nei confronti degli abusanti che non dovevano essere scoperti. E questo Berci lo sa e quando verrà sentito sono sicuro che lo dirà». Altro atto mancante è la copia forense dei device sequestrati, che non è stata né depositata né consegnata alla difesa, che pure ne ha fatto richiesta tre volte. Ma non solo: mancano intercettazioni, decreti di autorizzazione e le registrazioni fatte da una delle minori durante un incontro con l’assistente sociale. Registrazioni di cui manca la trascrizione, «audio che è a nostra difesa», afferma Ognibene.

E manca la sit in verbale stenotipico di Maria Stella D’Andrea, parte del gruppo degli assistenti sociali e degli psicologi del servizio per lo studio dei casi. «Era la medico legale del gruppo e lo chiameremo come teste a discarico», aggiunge. Mancano, poi, i tabulati di 16 numeri di telefono, compresi voci e dati, ma anche i disegni della bambina del caso da cui tutto è scaturito. Si tratta del disegno che dimostrerebbe la sessualizzazione della minore, disegno che raffigura «l’organo genitale di un cavallo». Ma ciò che balza agli occhi è l’assenza dei fascicoli dei servizi sociali sui minori coinvolti, acquisiti dal pm su richiesta della difesa dopo l’avviso di conclusione delle indagini. «Questa mia istanza doveva avere una sua indicizzazione nel fascicolo del pm – spiega Ognibene -, invece è finita tra le istanze di copia fatte dalla segretaria e, quindi, tali documenti non sono inseriti nel faldone. E quelle relazioni sono importanti, perché il pm inserisce solo dei pezzi, disancorati dal contesto integrale della storia dei bambini. Ma è da questo che si capisce perché questi minori, che erano in carico ai servizi sociali da anni, qualcuno dalla nascita, vengono allontanati dalla famiglia. La storia integrale del minore ha una sua logica per capire le relazioni.

Così è impossibile riuscire a ricostruire il caso». Sul punto il gup deciderà probabilmente nella prossima udienza, fissata il 23 novembre. Sono 24, in tutto, gli imputati per il presunto business sugli affidi, tra i quali lo psicoterapeuta Claudio Foti e il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, vittima sacrificale della gogna pre elettorale. Otto le famiglie coinvolte, ma non tutte si sono costituite parte civile. Ci sono, invece, tra gli altri (48 il totale), il ministero della Giustizia, la Regione, l’Unione dei Comuni della Val d’Enza, l’Unione dei Comuni modenesi, l’Asl di Reggio Emilia, l’ordine nazionale degli assistenti sociali e quello degli psicologi e sette associazioni. Mazza ha anche chiesto l’astensione del gup Dario De Luca. La questione ha a che fare con il provvedimento firmato dalla presidente del Tribunale, che a settembre aveva, di fatto, indicato il collegio giudicante prima ancora che iniziasse l’udienza preliminare. «De Luca ha confermato che già a settembre aveva chiesto quale fosse la data del dibattimento, ma sostiene che ciò che non è significativo di un pregiudizio di colpevolezza, in quanto è una prassi utilizzata per tutti i processi», spiega Mazza. Richiesta respinta, dunque. Ma trattandosi «di un atto contra legem», la difesa si riserva di proporre ricusazione, «fondata sulla indebita manifestazione del suo convincimento. Ma è un terreno difficilmente sondabile – conclude Mazza – perché bisogna entrare nel campo psicologico del giudice».

Caso Bibbiano Simona Musco 24 Jun 2020 19:00 CEST

“Angeli e Demoni”, dallo show mediatico al Tribunale: «Finalmente potremo difenderci»

Il presidente del Tribunale dei minori: «Noi parte lesa, ora lasciamo che siano le sentenze a parlare»
Salvini propaganda Bibbiano

L’inchiesta sui presunti affidi illeciti, da tutti conosciuta impropriamente come “Caso Bibbiano”, arriva per la prima volta davanti ad un giudice. Con l’udienza preliminare fissata il prossimo 30 ottobre davanti al Gup di Reggio Emilia, che dovrà decidere se rinviare a giudizio le 24 persone coinvolte nell’indagine “Angeli e Demoni” per le quali il pm Valentina Salvi ha chiesto il processo. Uno snodo cruciale, dopo mesi di polemiche e di campagne elettorali, costruite dalla destra col pretesto della presenza, tra gli indagati, di un sindaco del Pd – Andrea Carletti – per il quale ora è stato chiesto il giudizio. Ma lungi dall’essere accusato di “traffico di bambini”, Carletti rischia il processo per falso e abuso d’ufficio. Nulla a che vedere, dunque, con l’identikit del mostro cucitagli addosso e che gli è valso mesi di gogna mediatica, cavalcati dalla Lega in vista delle regionali – poi perse -, senza sfiorare minimamente il campionario degli orrori ipotizzato dai capi d’imputazione, che sono in totale 107.

“Angeli e Demoni”: si va verso il processo

Il dibattimento si preannuncia mastodontico, con 155 testimoni citati dall’accusa e 48 parti offese, tra le quali il ministero della Giustizia, la Regione Emilia Romagna e l’Unione dei Comuni della Val d’Enza. L’inchiesta, a giugno dello scorso anno, è stata presentata come un film horror fatto di lavaggi del cervello, con ore e ore di psicoterapia e suggestioni indotte attraverso impulsi elettrici, per alterare «lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari» e sottrarre bambini a famiglie innocenti col solo scopo di guadagnare col sistema degli affidi, per un business da circa 200mila euro.

Nelle 78 pagine firmate dal pm Salvi l’imputata principale risulta essere Federica Anghinolfi, ex dirigente dei servizi sociali della val d’Enza, che porta sul groppone una sessantina di capi d’imputazione sui 107 messi nero su bianco dalla procura: dal falso ideologico alla frode processuale, passando per violenza privata, falsa perizia ed abuso d’ufficio. Trattata pubblicamente come un orco senza diritto al contraddittorio, adesso, afferma Rossella Ognibene, componente del collegio difensivo, «Federica Anghinolfi potrà esercitare appieno il suo diritto di difesa. Questo avverrà finalmente davanti ad un Giudice in Tribunale e non in piazza o sul web, come purtroppo è accaduto sino ad ora. In quella sede affronteremo – tra l’altro e in prima analisi – tutte le anomalie delle accuse rivolte alla dottoressa Anghinolfi. Sarà un Tribunale a valutare accuse e difese e sarà la decisione di un Giudice a stabilire l’eventuale rinvio a giudizio che, nel caso, darà luogo a un legittimo processo nella aule di Giustizia».

Tribunale dei minori parte lesa

L’altro aspetto riguarda il Tribunale dei minori, inizialmente tirato in ballo da chi riteneva che ci fosse quantomeno negligenza da parte di magistrati e giudici e ora riconosciuto come parte lesa, vittima di frode processuale, depistaggio ed induzione in errore in oltre una decina di capi d’accusa. «Dall’inizio di questa bruttissima vicenda, ho sempre detto in ogni sede che chi ha sbagliato e ne sia accertata la responsabilità penale, che è sempre personale, deve essere punito ed anche severamente, senza sconti – ha commentato Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei minori -. E questo perché i bambini sono sacri e le loro le famiglie pure, quando però funzionanti. Se dovessero risultare colpevoli sarei profondamente indignato, perché loro sanno essere la nostra longa manus sui territori e le loro relazioni fanno prova fino a querela di falso, spero davvero che nessuno, in nome di un interesse economico o di una perversa ideologia, possa giungere a tanto. Personalmente, avuta la notizia dell’indagine rivisitai autonomamente ed immediatamente, ad uno ad uno, tutti i fascicoli che vedevano coinvolti quegli operatori di quel servizio sociale assumendo, ove si imponeva, ogni necessaria decisione, e questo perché a me e a tutti i giudici minorili di Bologna stanno veramente a cuore quei bambini, come stanno a cuore tutti quelli per i quali siamo chiamati ad intervenire. La circostanza che la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati sia stata notificata al ministero, con ciò ravvisando, di fatto, nel Tribunale che presiedo, la parte offesa, è un elemento più che significativo di conferma e non aggiungo altro. Ora occorre lasciare lavorare in serenità i giudici penali e attendere l’esito del processo, sino alla Cassazione. Saranno le sentenze penali a parlare».

Salvini propaganda Bibbiano

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Direttore Responsabile
Davide Varì

Registrato al Tribunale di Bolzano n. 7 del 14 dicembre 2015

Numero iscrizione ROC 26618
Pubblicazione a stampa: ISSN 2499-6009 Pubblicazione online: ISSN 2724-5942

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