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giustizia
Elisabetta Costa*
Con riferimento all’articolo di Giuseppe Gargani, apparso sul Dubbio del 1° agosto, vorrei aggiungere che la giudiziarizzazione delle istituzioni e della vita civile, con la proliferazione delle “norme in bianco”, non solo nel diritto penale, come il reato d’influenza citato da Gargani, ma anche nel diritto civile, a partire dal d. lgs 231/ 2001 sulla cosiddetta responsabilità “amministrativa” delle imprese, diventata oggi una vera e propria responsabilità penale e oggettiva, e, di questi mesi, il codice della crisi e dell’insolvenza delle imprese, d. lgs 12.1.2019 n. 14, che comporterà la concorsualizzazione del diritto societario, è certamente dovuta a un “passo indietro” della politica rispetto alla magistratura.
Questo passo indietro è un effetto – voluto e volutissimo dalla magistratura politica – di Mani Pulite e, soprattutto, dell’abrogazione dell’immunità parlamentare che ammanetta qualsiasi politico che intenda metter mano alla questione giustizia, e non solo. Negli ultimi vent’anni assistiamo all’emanazione di leggi incostituzionali che radono al suolo valori che poi non si ricostituiscono dopo la dichiarazione d’incostituzionalità, che avviene dopo anni dalla loro entrata in vigore. Dall’entrata in vigore delle leggi alla dichiarazione d’incostituzionalità le leggi incostituzionali esplicano i loro effetti, vengono applicate e i ( dis) valori che propugnano entrano nel tessuto sociale.
Due sono le cose che urgono nel nostro Paese, per dare fiducia e slancio alla società, e quindi all’economia: la separazione delle carriere tra pubblico ministero e magistratura giudicante e l’abolizione del carcere, utilizzando le forze e il tempo di chi ha un debito verso la società in attività a favore della società civile.
* avvocata