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Più si allontana la notte elettorale dell’Emilia Romagna, più è chiara la sindrome di cui è stato vittima Matteo Salvini, come altri politici prima di lui. Non è affatto vero che si sia mosso, nella frenetica ricerca del successo, sulla base dei sondaggi che man mano gli arrivavano. Se avesse seguito il fiuto degli esperti non si sarebbe attaccato al citofono. Ma che grande goduria l’auto- sondaggio Peccato che c’è un problema: è sbagliato
Più si allontana la notte elettorale dell’Emilia Romagna, più è chiara la sindrome di cui è stato vittima Matteo Salvini, come altri politici prima di lui. Non è affatto vero che si sia mosso, nella sua frenetica ricerca del successo politico, sulla base dei sondaggi che man mano gli arrivavano. Se avesse minimamente seguito il fiuto degli esperti non si sarebbe attaccato al citofono, non avrebbe ironizzato sui mangiatori di tortellini e baciato salsicce.
E’ vero invece che il sondaggio che lo ha teleguidato alla sconfitta era dentro di lui. Un vocetta che gli suggeriva di fare smargiassate, di sottovalutare “i pesciolini”, come lui chiama le Sardine, di oscurare la vera candidata presidente, secondo il più classico degli schemi maschilisti. Un sondaggio intimo che, giorno dopo giorno , lo ha rassicurato: stava guidando una gioiosa macchina da guerra, tanto per non dimenticare Achille Occhetto...
Matteo Salvini si è convinto di non aver bisogno di monitorare la realtà sul campo. I numeri della vittoria crescevano gioiosamente dentro di lui, senza contradditorio. E’ lo stesso errore compiuto da Matteo Renzi con il referendum sulle riforme costituzionali, l’abbaglio che ne ha azzoppato la carriera.
Ma l’esperienza dei colleghi non fa scuola. L’ambizione – e spesso la piaggeria dei collaboratori – fa vedere cose che non ci sono, distorce il panorama. Un po’ come gli “aerei di Mussolini” trasportati dallo staff del Duce di aeroporto in aeroporto per far gonfiare il petto al Capo medesimo di fronte a Hitler.
No, l’Emilia Romagna non era tutta ai piedi del Capitano. Suonano ingenue e azzardate le previsioni di Matteo Salvini lette col senno di oggi: «Siamo avanti non di poco, non vi dico di quanto sennò mi arresta-no… Ho sbirciato i sondaggi, siamo ad un passo da una vittoria storic» ( comizio di Fidenza, il 23 gennaio). Percezione errata. Nata, più che da un’analisi sul terreno, dall’auto- sondaggio del politico in ascesa, vittima del suo stesso narcisismo. Non possono non votarmi, io sono il migliore. Anzi: «Il voto di domenica farà chiarezza su cosa vuole il popolo». Sindrome dello “Stravinciamo e li mandiamo a casa”. Colpisce anche, e soprattutto, i più dotati.
Certo, a volte, anche gli istituti di sondaggio collaborano a confondere l’atleta in vista del traguardo. Il cosiddetto margine di errore ha mietuto molte vittime negli anni passati. Il 2006, per esempio, fu l’annus horribilis delle previsioni non azzeccate, in occasione delle politiche di aprile. Con il centrosinistra dato in vantaggio di 5 punti e poi la realtà di una vittoria risicata di Prodi, appesa a pochi senatori, tra i quali il mitico Luigi Pallaro di Buenos Aires.
Ma qui si sta parlando delle percentuali create dalla fantasia e dal desiderio di chi compete. Matteo Salvini si era fatto un sondaggio e si era dato una risposta, come direbbe Marzullo. «Stravinceremo e manderemo a casa il governo», ha detto nel comizio di chiusura a Ravenna. Il governo è ancora in piedi e la Lega ha perso 70 mila voti rispetto alle Europee del maggio 2019. Il Pd è il primo partito, Bibbiano non è stata espugnata, anzi. E la pratica di citofonare ai presunti spacciatori, senza interpellare le forze dell’ordine, non sembra aver incontrato successo di pubblico e di critica.
La lezione è chiara e, con un po’ di umiltà da parte dei diretti interessati, sarebbe utile alla classe politica. L’auto- sondaggio non dà affidamento. Il margine di errore è direttamente proporzionale al livello d’autostima, sempre esagerata, degli sponsor dei “pieni poteri”.
C’è un ostacolo che si chiama realtà. Nel caso dell’Emilia Romagna, certo non più blocco monolitico postcomunista, la realtà è il buongoverno di Bonaccini, valutabile con criteri scientifici. E integrato dai “pesciolini”, portatori sani di buoni sentimenti. Salvini, nell’autosondaggio, non ne ha tenuto conto.