Fiammetta Borsellino, seppure in modo molto sobrio ed educato, ha rivolto domande un po’ imbarazzanti a diversi magistrati siciliani a proposito del depistaggio delle indagini sull’uccisione di suo padre e dei motivi di questa uccisione e poi di quel depistaggio
Venerdì abbiamo pubblicato un’ampia intervista a Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, ucciso dalla mafia nel luglio del 92 e considerato da tutti – chi con sincerità chi ipocritamente – un vero e proprio eroe nazionale. La signora Borsellino, in questa intervista, seppure in modo molto sobrio ed educato, ha rivolto domande un po’ imbarazzanti a diversi magistrati siciliani a proposito del depistaggio delle indagini sull’uccisione di suo padre e dei motivi di questa uccisione e poi di quel depistaggio. Ha nominato solo alcuni magistrati ( tra i quali Annamaria Palma e Nino Di Matteo) ma ne ha chiamati in causa altri, e i nomi di diversi di loro sono evidenti. Per esempio Guido Lo Forte, per esempio Roberto Scarpinato. Come mai – mi chiedo – nessuno di loro ha preso la parola per difendersi o chiarire? Possibile che pur essendo magistrati che hanno una fortissima consuetudine con giornali e Tv ( che assai spesso frequentano) non si sentano in dovere di spiegare alcune circostanze di grandissima importanza nella storia d’Italia? Se non altro per fugare i dubbi sulla loro professionalità. Riassumo i fatti in tre capitoli.
Capitolo uno. Dopo l’uccisione di Borsellino furono avviate le indagini, subito indirizzate dalle dichiarazioni di un pentito, un certo Scarantino, pochissimo credibile ma credutissimo. Sulla base di queste dichiarazioni del pentito si svolse un processo che si concluse con diversi ergastoli. Alle persone sbagliate. Le dichiarazioni di Scarantino erano un depistaggio. Quando ci si accorse del depistaggio, probabilmente, era troppo tardi. Oggi non sappiamo chi ha ucciso Borsellino. Sappiamo – e lo abbiamo letto in una sentenza – che non è plausibile che Scarantino abbia agito da solo. E’ stato indotto a mentire. Da chi? Da qualcuno degli investigatori che lavorano sul caso. Molto probabilmente dal questore Arnaldo La Barbera, ma la figlia di Borsellino si chiede: possibile che La Barbera decidesse tutto da solo? E avanza l’ipotesi che dietro il depistaggio ci sia anche qualche magistrato.
Capitolo due. Alla domanda di Damiano Aliprandi sul dossier “mafia e appalti” e sulla possibilità che in quel dossier si possa trovare qualche risposta sulle stragi di mafia del 92, Fiammetta Borsellino risponde testualmente: «Sono con- vinta che nel dossier mafia- appalti ci siano le risposte, e non capisco perché sia stata chiusa l’indagine. Capisco però che ci sono persone che allora dovevano assumersi lo stesso impegno che si erano assunti mio padre e Falcone e tanti altri, per cercare la verità, e invece questa verità l’hanno occultata, archiviando l’indagine. L’unico mio sapere è questo… Noi siamo stati ingannati dalle persone amiche o che si professano tali, colleghi e quant’altro».
Capitolo tre. Fiammetta Borsellino spiega che molti ex colleghi di suo padre – e fa i nomi di Di Matteo e della Palma – continuarono a frequentare casa Borsellino finché non si è saputo del depistaggio. Poi sono scomparsi senza dare alcuna spiegazione. Conclusi questi tre capitoli, forniamo qualche informazione, per capire chi sono le persone coinvolte nella polemica. Il dossier “mafia e appalti” era nelle mani di Falcone. Quando Falcone andò a Roma chiese che fosse affidato a Borsellino. Ma così non fu per molti mesi. Poi il 19 luglio del 92, alle 7 di mattina, il Procuratore Giammanco telefonò a Borsellino e gli disse che gli avrebbe assegnato il dossier. Poche ore dopo però Borsellino fu ucciso. Più tardi si è saputo che i Pm che avevano in mano il dossier Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte – pochi giorni prima dell’uccisione di Borsellino avevano chiesto l’archiviazione. Che fu firmata dal procuratore Giammanco con qualche urgenza qualche settimana dopo: il 14 agosto. Quanto al Pm Di Matteo, c’è solo da sapere che partecipò alle indagini sul delitto Borsellino. Era molto giovane. Come altri, credette al pentito Scarantino e continuò a credergli anche dopo la ritrattazione. Ora vi ho dato tutte le informazioni necessarie. A questo punto mi limito a chiedere a Scarpinato – che oggi è procuratore generale di Palermo – e a Lo Forte: ci spiegate, per favore, cosa è successo, e cosa c’era scritto nel dossier considerato molto attendibile da Falcone, e perché lo avete archiviato? E a Di Matteo vorrei chiedere invece perché non ha dato a Fiammetta Borsellino delle spiegazioni sul suo errore. E perché non ha indagato poi sull’archiviazione del dossier, e anche se non teme che il processo sulla trattativa stato- mafia sia un errore simile a quello sul processo a Scarantino, e cioè un nuovo depistaggio di qualcuno che non vuole che si mettano le mani su quel dossier? ( È una pura congettura, naturalmente, anche se piuttosto logica: più o meno come sono congetture quelle che hanno portato alle condanne al processo stato mafia).
Qualche Pm risponderà a Fiammetta Borsellino?
Venerdì abbiamo pubblicato un’ampia intervista a Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, ucciso dalla mafia nel luglio del 92 e considerato da tutti – chi con sincerità chi ipocritamente – un vero e proprio eroe nazionale. La signora Borsellino, in questa intervista, seppure in modo molto sobrio ed educato, ha rivolto domande un po’ imbarazzanti a diversi magistrati siciliani a proposito del depistaggio delle indagini sull’uccisione di suo padre e dei motivi di questa uccisione e poi di quel depistaggio. Ha nominato solo alcuni magistrati ( tra i quali Annamaria Palma e Nino Di Matteo) ma ne ha chiamati in causa altri, e i nomi di diversi di loro sono evidenti. Per esempio Guido Lo Forte, per esempio Roberto Scarpinato. Come mai – mi chiedo – nessuno di loro ha preso la parola per difendersi o chiarire? Possibile che pur essendo magistrati che hanno una fortissima consuetudine con giornali e Tv ( che assai spesso frequentano) non si sentano in dovere di spiegare alcune circostanze di grandissima importanza nella storia d’Italia? Se non altro per fugare i dubbi sulla loro professionalità. Riassumo i fatti in tre capitoli.
Capitolo uno. Dopo l’uccisione di Borsellino furono avviate le indagini, subito indirizzate dalle dichiarazioni di un pentito, un certo Scarantino, pochissimo credibile ma credutissimo. Sulla base di queste dichiarazioni del pentito si svolse un processo che si concluse con diversi ergastoli. Alle persone sbagliate. Le dichiarazioni di Scarantino erano un depistaggio. Quando ci si accorse del depistaggio, probabilmente, era troppo tardi. Oggi non sappiamo chi ha ucciso Borsellino. Sappiamo – e lo abbiamo letto in una sentenza – che non è plausibile che Scarantino abbia agito da solo. E’ stato indotto a mentire. Da chi? Da qualcuno degli investigatori che lavorano sul caso. Molto probabilmente dal questore Arnaldo La Barbera, ma la figlia di Borsellino si chiede: possibile che La Barbera decidesse tutto da solo? E avanza l’ipotesi che dietro il depistaggio ci sia anche qualche magistrato.
Capitolo due. Alla domanda di Damiano Aliprandi sul dossier “mafia e appalti” e sulla possibilità che in quel dossier si possa trovare qualche risposta sulle stragi di mafia del 92, Fiammetta Borsellino risponde testualmente: «Sono con- vinta che nel dossier mafia- appalti ci siano le risposte, e non capisco perché sia stata chiusa l’indagine. Capisco però che ci sono persone che allora dovevano assumersi lo stesso impegno che si erano assunti mio padre e Falcone e tanti altri, per cercare la verità, e invece questa verità l’hanno occultata, archiviando l’indagine. L’unico mio sapere è questo… Noi siamo stati ingannati dalle persone amiche o che si professano tali, colleghi e quant’altro».
Capitolo tre. Fiammetta Borsellino spiega che molti ex colleghi di suo padre – e fa i nomi di Di Matteo e della Palma – continuarono a frequentare casa Borsellino finché non si è saputo del depistaggio. Poi sono scomparsi senza dare alcuna spiegazione. Conclusi questi tre capitoli, forniamo qualche informazione, per capire chi sono le persone coinvolte nella polemica. Il dossier “mafia e appalti” era nelle mani di Falcone. Quando Falcone andò a Roma chiese che fosse affidato a Borsellino. Ma così non fu per molti mesi. Poi il 19 luglio del 92, alle 7 di mattina, il Procuratore Giammanco telefonò a Borsellino e gli disse che gli avrebbe assegnato il dossier. Poche ore dopo però Borsellino fu ucciso. Più tardi si è saputo che i Pm che avevano in mano il dossier Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte – pochi giorni prima dell’uccisione di Borsellino avevano chiesto l’archiviazione. Che fu firmata dal procuratore Giammanco con qualche urgenza qualche settimana dopo: il 14 agosto. Quanto al Pm Di Matteo, c’è solo da sapere che partecipò alle indagini sul delitto Borsellino. Era molto giovane. Come altri, credette al pentito Scarantino e continuò a credergli anche dopo la ritrattazione. Ora vi ho dato tutte le informazioni necessarie. A questo punto mi limito a chiedere a Scarpinato – che oggi è procuratore generale di Palermo – e a Lo Forte: ci spiegate, per favore, cosa è successo, e cosa c’era scritto nel dossier considerato molto attendibile da Falcone, e perché lo avete archiviato? E a Di Matteo vorrei chiedere invece perché non ha dato a Fiammetta Borsellino delle spiegazioni sul suo errore. E perché non ha indagato poi sull’archiviazione del dossier, e anche se non teme che il processo sulla trattativa stato- mafia sia un errore simile a quello sul processo a Scarantino, e cioè un nuovo depistaggio di qualcuno che non vuole che si mettano le mani su quel dossier? ( È una pura congettura, naturalmente, anche se piuttosto logica: più o meno come sono congetture quelle che hanno portato alle condanne al processo stato mafia).
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