Dopo tre riunioni il Comitato nazionale di Bioetica non è riuscito a convergere in un unico parere sul caso di Alfredo Cospito, l'anarchico che dallo scorso 20 ottobre porta avanti uno sciopero della fame per protestare contro il 41 bis. Come già anticipato dal Dubbio, il Comitato si è spaccato sostanzialmente in due, tra pro-life e pro-choice.

In un comunicato diramato questa sera alle 21 si legge: «La maggioranza dei componenti del Cnb (19) ha ritenuto che, nel caso di imminente pericolo di vita, quando non si è in grado di accertare la volontà attuale del detenuto, il medico non è esonerato dal porre in essere tutti quegli interventi atti a salvargli la vita. La stessa Corte europea dei Diritti umani (Cedu) ha sostenuto di recente che “né le autorità penitenziarie, né i medici potranno limitarsi a contemplare passivamente la morte del detenuto che digiuna”. Le Dat sono incongrue, e dunque inapplicabili, ove siano subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazione di comportamenti altrui, in quanto utilizzate al di fuori della ratio della legge 219/2017”.

In pratica siccome Cospito sta facendo lo sciopero della fame per ottenere la revoca del 41 bis non può veder rispettare le proprie Dichiarazioni anticipate di trattamento. «Altri componenti del Cnb (9) ritengono», prosegue il comunicato, «che non vi siano motivi giuridicamente e bioeticamente fondati che consentano la non applicazione della legge 219/2017 nei confronti della persona detenuta in sciopero della fame, anche in pericolo di vita. Anche in questo caso la nutrizione e l’idratazione artificiali possono essere rifiutate, anche mediante le Dat e la pianificazione condivisa delle cure. Il diritto inviolabile di vivere tutte le fasi della propria esistenza senza subire trattamenti sanitari contro la propria volontà – derivazione logica del diritto alla intangibilità della sfera corporea di ogni essere umano – costituisce un principio costituzionale fondamentale del nostro ordinamento».

In sostanza, secondo il punto di vista alternativo emerso nel Cnb, la legge 219/2017 sulle dichiarazioni anticipate di trattamento non prevede che il rifiuto dei trattamenti sanitari sia subordinato alle ragioni per cui la persona sta male. Quindi qualsiasi sia il percorso che ha portato Cospito alla condizione attuale, la sua richiesta di rifiutare l’alimentazione artificiale deve essere rispettata perché la sua volontà è stata espressa da soggetto capace di intendere e volere. La nota del Comitato quindi precisa: «Altri ancora (2), pur privilegiando questa seconda posizione per quanto riguarda l’interpretazione dell’ordinamento vigente e l’applicabilità delle Dat, ritengono che un diverso bilanciamento dei principi in gioco non sia da escludere, anche guardando all’esperienza di altri Paesi. Considerano tuttavia che un intervento del legislatore sia la via obbligata, comunque stretta per vincoli e giurisprudenza costituzionali. Sottolineano inoltre la necessità di offrire un esplicito e chiaro riferimento normativo a chi si troverà a prendere queste decisioni, a partire dai medici».

L’unanimità è stata raggiunta solo sul fatto che lo sciopero della fame è una forma di opposizione legittima, non aggressiva nei confronti di terzo. Questo aspetto contrasta con la narrazione fatta dal governo per cui si tratterebbe un gesto di ricatto, «il corpo come arma» disse Nordio. Ovviamente quanto espresso dal Cnb non è assolutamente vincolante per il ministero ma è una arma in più che ha il governo per non trasformare Cospito in un martire. Come ha spiegato al Dubbio l’ex presidente del Cnb e attuale membro del Comitato, il professor Lorenzo D’Avack, «ho espresso la mia piena contrarietà al fatto che ci siamo dovuti esprimere su un singolo caso, prassi che il Cnb non segue mai».

In realtà il nome Cospito nella richiesta arrivata dal ministero della Giustizia non appare mai, appunto per questo motivo: il tema generico è quello in merito alle problematiche connesse all’autodeterminazione nel ricevere o meno i trattamenti sanitari da parte di persone private della libertà personale. Ma è chiaro che via Arenula ha interpellato il Cnb su Cospito. Su questo conclude D’Avack: «Il ministro Nordio ha scaricato su di noi la responsabilità di quello che andrebbe fatto con Alfredo Cospito, quando in realtà è un problema esclusivamente politico».

Proprio mentre era riunito il Cnb, è giunta la notizia dell’ennesimo ricovero per l’anarchico: su indicazioni dei medici del centro clinico del carcere di Opera, Cospito è ritornato nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano. Il nuovo trasferimento si sarebbe reso necessario in quanto l’esponente della “Fai”, dopo il rigetto da parte della Cassazione della richiesta di revoca del 41 bis, ha sospeso l’assunzione di integratori. È la seconda volta che Cospito dal penitenziario milanese viene portato nella struttura ospedaliera: resta comunque in regime di 41 bis, anche se, a quanto si è appreso, sarebbe stato collocato in una stanza diversa rispetto a quella in cui era stato ricoverato in precedenza, più vicina al reparto di terapia sub-intensiva, ma sempre nel reparto di medicina penitenziaria del San Paolo. Da un ultimo monitoraggio i suoi valori sono apparsi troppo alti. Non si esclude un possibile inizio di acidosi. Si tratta, è stato chiarito, di una situazione delicata e da monitorare in via cautelativa con il ricovero.