Il processo per maltrattamenti era ancora in corso, ma la sentenza di condanna era però già stata scritta. E a scoprirlo, per puro caso, è stato il difensore dell’imputato, consultando il fascicolo del dibattimento. Un vero e proprio shock, quello del legale, che ha poi chiesto e ottenuto l'astensione del presidente del collegio e dei due giudici a latere della seconda sezione del tribunale di Firenze. A denunciare l’accaduto è stata la Camera penale di Firenze. La vicenda risale al 15 febbraio scorso: l’avvocato, in attesa dell'udienza, avrebbe sfogliato, con il permesso del pm, il fascicolo del dibattimento, che raccoglie gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero e i verbali.
Così avrebbe scoperto il dispositivo con data del 18 ottobre 2023, che riportava il nome dell'imputato e la condanna a 5 anni e mezzo per maltrattamenti, senza la firma del presidente del collegio. Ancora il pm non aveva svolto la requisitoria, né gli avvocati avevano argomentato le difese. Il difensore ha chiesto l'astensione del collegio. I tre giudici hanno deciso di astenersi. La decisione è stata autorizzata dalla presidente del Tribunale Marilena Rizzo che ha avviato accertamenti: «Prendiamo atto delle spiegazioni del collegio che a fronte delle legittime rimostranze e dell'invito ad astenersi formulati dal difensore» ha spiegato che si «trattava di una mera bozza, suscettibile di poter essere rimodulata dopo l'intervento delle parti». Ma «appare evidente che una decisione era in realtà stata già assunta senza prima aver ascoltato le argomentazioni della difesa». Tale modo di «amministrare la giustizia denota una visione del processo penale in cui le ragioni della difesa vengono intese alla stregua di un inutile orpello a cui si possa tranquillamente rinunciare con conseguente oltraggio del ruolo e della funzione del difensore».

Ieri è arrivata anche la solidarietà dell’Unione delle Camere penali, secondo la quale non si può «restare indifferente a fronte della reiterazione di simili condotte che incidono significativamente sul diritto degli imputati ad un giusto processo e che postulano un'intollerabile compromissione della dignità della funzione difensiva e, per essa, di chi indossa la toga anche e soprattutto per valorizzare, nel momento processuale dedicato alla discussione finale, gli elementi favorevoli al proprio assistito». Da qui la «condanna per tali ingiustificabili episodi e piena solidarietà alla Camera Penale di Firenze».