Papa Francesco ha «scelto il tono sbagliato per trasmettere il contenuto», in un’intervista al Corriere della Sera, della conversazione avuta con il patriarca di Mosca Kirill il 16 marzo, «è improbabile che tali affermazioni contribuiscano all’instaurazione di un dialogo costruttivo tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa russa ortodossa, che è particolarmente necessario in questo momento». Lo riporta una nota del servizio di comunicazione del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne (Decr) del Patriarcato di Mosca, dopo l’intervista al Corsera nella quale fra l’altro, parlando del Patriarca di Mosca Kirill, Bergoglio osservava: «Siamo pastori dello stesso popolo di Dio. Ecco perché dobbiamo cercare vie di pace, per cessare il fuoco delle armi. Il patriarca non può diventare il chierichetto di Putin». «È deplorevole - scrive oggi il servizio di comunicazione per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca - che un mese e mezzo dopo il colloquio con il Patriarca Kirill, Papa Francesco abbia scelto il tono sbagliato per trasmettere il contenuto di questo colloquio. È improbabile che tali dichiarazioni possano contribuire all’instaurazione di un dialogo costruttivo tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa russa, che è particolarmente necessario in questo momento». Il Patriarcato di Mosca riferisce «cosa ha detto concretamente il Patriarca durante il colloquio con Papa Francesco il 16 marzo: "La ringrazio per l’opportunità di organizzare questo colloquio. Quando ci siamo incontrati a Cuba nel 2016, Le ho detto che ci siamo incontrati in un momento giusto e in un posto giusto. E sebbene ora il nostro colloquio avvenga tramite mezzi di comunicazione a distanza, sono convinto che stiamo parlando di nuovo in un momento giusto. Con il Suo permesso, vorrei condividere con Lei la mia visione della situazione difficile che viviamo attualmente. Certo, viviamo in campi informativi diversi: i media occidentali non hanno parlato o quasi di alcuni fatti sui quali vorrei attirare la Sua attenzione"». Il Patriarca Kirill, sottolinea ancora il Patriarcato di Mosca, «ha osservato che il conflitto è iniziato nel 2014 con gli eventi del Maidan a Kiev, che hanno portato a un cambio di potere in Ucraina. In particolare, ha attirato l’attenzione dell’interlocutore sugli eventi di Odessa e le loro conseguenze: In questa città si è svolta una manifestazione pacifica di residenti russofoni, che intendevano difendere il loro diritto di usare la lingua e cultura materna. Questa riunione pacifica è stata attaccata dai membri di alcuni gruppi nazisti che hanno cominciato a picchiare i manifestanti con bastoni. Le persone hanno iniziato a cercare rifugio nel vicino edificio della Casa dei Sindacati. E in quel momento è accaduto qualcosa di terrificante: questo edificio è stato chiuso a chiave e poi dato alle fiamme. Le persone cercavano di scappare saltando dal secondo o terzo piano e, ovviamente, si ammazzavano. Coloro che si avvicinavano alle finestre, avendo paura di saltare fuori, venivano fucilati da sotto. Abbiamo seguito tutto questo in televisione quasi in diretta. Questa orribile «lezione» di Odessa ha influenzato la decisione del popolo del sud-est dell’Ucraina di difendere i propri diritti». «Inoltre, - annota il Patriarcato di Mosca - il Patriarca Kirill ha ricordato che alla fine dell’era sovietica, la Russia fu rassicurata che la NATO non si sarebbe spostata di un centimetro ad est. Tuttavia, questa promessa è stata infranta, e perfino alcune delle ex repubbliche baltiche sovietiche hanno aderito alla NATO. Di conseguenza, si è sviluppata una situazione molto pericolosa: i confini della NATO si trovano a 130 chilometri da San Pietroburgo, il tempo di volo dei missili è di pochi minuti. Se l’Ucraina fosse ammessa alla NATO, anche il tempo di volo per Mosca sarebbe di alcuni minuti. La Russia non poteva e non può permettere che ciò avvenga. In conclusione, il Patriarca ha sottolineato: ’Certo, questa situazione mi ferisce profondamente. Il mio gregge si trova su entrambi i lati del conflitto, sono in maggioranza persone ortodosse. Una parte appartiene anche al Suo gregge. Pertanto, vorrei, astraendo la componente geopolitica, sollevare la questione di come noi e come le nostre Chiese possono influenzare lo stato delle cose? Come possiamo contribuire alla pacificazione con un unico obiettivo: raggiungere il rafforzamento della pace e della giustizia? È molto importante nelle condizioni attuali evitare un’ulteriore escalation».