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Ho settant'anni. Sono un tabagista, ho la pressione alta, il colesterolo alto, le transaminasi - non ne parliamo. Ho sviluppato, in questi ultimi anni, forme di patologie autoimmunizzanti che danno non pochi fastidi, e spesso anche dell'imbarazzo - ma lo stress accumulato si è ormai calcificato dentro di me. L'anno scorso ho fatto per la prima volta il vaccino: dopo una breve febbre, mi è andata bene - mai un raffreddore; quest'anno, l'ho ripetuto: e invece, già tre volte. Dice: hai i polmoni fracidi. lo so. Rispetto la comune considerazione che questo virus si porta via "gli anziani", mi sento perciò come un morituro, qualcuno che è papabile alla morte. Figurarsi, se entro nel panico: non sono scriteriato, ma resto un uomo laico. Figurarsi, se ne ho paura - alla mia età non si ha più paura. Mi offrirei anzi, servisse a salvare la vita di altre persone che mi sono care - ma so che non funziona questa cosa. Vivo perciò nel "non ancora". Non sono ancora morto, ma potrebbe accadermi - e non perché prima o poi si muore, ma perché sto nelle statistiche. Il che fa anche un po' tristezza. Poi, penso che è un po' la nostra condizione umana al tempo di questi rapporti di produzione e scambio, al tempo di questa geo-politica, al tempo di queste forme della polis, della comunità. non è un conforto. Anzi. Mi sento come un paziente zero per quella vita che mi rimane. forse, lo siamo tutti. Nicotera, 26 febbraio 2020