Ora è ufficiale: i custodi del tempio hanno emesso la loro personalissima fatwa contro il libro di Alessandro Barbano e contro chiunque osi parlarne in pubblico. La condanna l’ha lanciata Nando dalla Chiesa dalle pagine del Fatto Quotidiano, ma del resto erano mesi che l’antimafia col bollino volteggiava minacciosa su quel saggio così “scandaloso”.
Ma com’è possibile aver paura di un libro nel 2023? Evidentemente c’è qualcosa, tra quelle pagine, che tocca un nervo scoperto, qualcosa che non può e non deve passare. Lo scandalo, secondo i guardiani dell’ortodossia, sta nel fatto che Barbano ha osato mettere in discussione ciò che non doveva essere toccato, ovvero il meccanismo opaco delle misure di prevenzione, la sua gestione arbitraria che spesso diventa sopruso o vera e propria corruzione. Come nel caso della giudice Silvana Saguto, fino a ieri perno di quel sistema e oggi pietra dello scandalo. Ecco, Barbano nel suo libro spiega che il sistema Saguto non è affatto un incidente di percorso, una deviazione dalla giusta rotta, ma il risultato di una mutazione profonda della magistratura che si ritrova tra le mani un potere enorme; un potere incontrollato e incontrollabile.
Nelle stesse ore una professoressa di procedura penale veniva quasi accusata di “concorso esterno” per aver osato mettere in discussione la struttura giuridica dei “maxiprocessi”. Una valutazione esposta nel corso di un dibattito al quale (ahilei!), partecipava anche il dottor Nino Di Matteo, uno dei teorici della trattativa Stato-mafia che, per la cronaca, non ha avuto gran fortuna nelle aule dei tribunali. Fatto sta che di fronte a una provocazione intellettuale della giurista, Di Matteo ha sfoderato tutta la retorica antimafia fino ad evocare la “memoria oltraggiata” di Falcone e Borsellino. Insomma, il solito schema - che peraltro Falcone e Borsellino mai avrebbero utilizzato - per silenziare ogni forma di dissenso.
“Quell’uomo non deve pensare”, disse Mussolini nei giorni precedenti l’arresto di Antonio Gramsci. Forse non siamo a quel punto, ma i segnali sono assai inquietanti. Di alcune cose, in questo paese, non si può scrivere, non si può parlare...