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Carcere Milano Opera
Attraverso comunicazioni dirette al Consiglio Nazionale Forense, alcune direzioni carcerarie stanno invitando gli avvocati a evitare l'invio di email o poste certificate (Pec) per consegnare documenti o comunicazioni ai detenuti assistiti. Questo invito, basato su una nuova circolare del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (Dap), è stato diramato da alcuni direttori di carcere. Alcuni avvocati, che hanno segnalato questa problematica a Il Dubbio, esprimono preoccupazione riguardo all'effetto che queste limitazioni potrebbero avere sull'accesso dei detenuti a una difesa adeguata. In effetti, risulta paradossale che, mentre l'evoluzione tecnologica ha semplificato e accelerato lo scambio di informazioni, la comunicazione all'interno del carcere sembri fare un passo indietro nel tempo.
Il mondo carcerario costituisce un microcosmo che spesso solleva questioni complesse relative ai diritti dei detenuti e all'equilibrio tra sicurezza e umanità. Recentemente, alcune comunicazioni da parte dei direttori delle carceri di Lanusei e Rossano (ma potrebbero essere molti di più) hanno un aspetto controverso: la limitazione dell'uso delle mail per gli avvocati dei detenuti. Nella comunicazione proveniente dal Direttore del carcere sardo "San Daniele" di Lanusei, emerge chiaramente l'intento di limitare l'utilizzo delle mail e della posta elettronica da parte degli studi legali. Si afferma che questi mezzi di comunicazione dovrebbero essere riservati esclusivamente per comunicazioni con uffici pubblici e per fini istituzionali. Questa limitazione potrebbe creare ostacoli nella comunicazione tra studi legali e istituti penitenziari, rendendo più difficile per gli avvocati inviare richieste o comunicazioni relative ai loro assistiti.
La direttrice del carcere di Lanusei sostiene che la motivazione dietro a queste restrizioni è il rischio di congestione del sistema e la possibile difficoltà operativa per il personale coinvolto. Eppure si tratta di un carcere con una ventina di detenuti. Questa restrizione, se da un lato potrebbe essere interpretata come un tentativo di razionalizzare le comunicazioni all'interno del carcere, dall'altro solleva interrogativi sul possibile impatto sul diritto dei detenuti a una consulenza legale adeguata. In sostanza, emerge che è stata diramata una recente circolare del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria che aggiorna o integra quella del 1999, la quale suggeriva l'uso del fax solo in casi di urgenza e per comunicazioni con altre autorità.
Questa circolare sembra estendere le restrizioni precedentemente applicate al fax anche alle mail e alle Pec, nonostante l'evoluzione tecnologica che ha reso il fax obsoleto. La comunicazione del direttore del carcere sardo menziona l'ormai desuetudine dell'uso del fax, ma nello stesso tempo si fa il richiamo alla vecchia circolare che invitava gli istituti a limitare l'uso del fax solo a casi di urgenza e comunicazioni istituzionali. Questa ambiguità sembra contraddittoria e potrebbe generare confusione. Inoltre, come fa notare a Il Dubbio l'avvocato Antonio Scarano, «la circolare del 1999 terminava con l'invito agli studi legali a comunicare attraverso i mezzi ordinari, come il servizio postale o equivalente. Quindi, il risultato è che, sebbene il fax non sia più in uso, le limitazioni precedentemente applicate a quel mezzo vengono ora estese anche alle mail e alle Pec. In sostanza si ritorna al servizio postale».
Una delle ragioni citate per giustificare queste restrizioni è la preoccupazione per la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e detenuti. Nella comunicazione proveniente dal direttore del carcere calabrese di Rossano, si sostiene che la ricezione di mail contenenti documenti da consegnare ai detenuti potrebbe compromettere la segretezza delle comunicazioni, poiché il personale dovrebbe "aprire" e stampare i file. Tuttavia, l'imposizione di vincoli tecnologici potrebbe ostacolare l'accesso a un'assistenza legale tempestiva e appropriata per i detenuti. Queste restrizioni nell'uso delle email sembrano contrastare gli sforzi per modernizzare e migliorare il sistema giudiziario. Nonostante l'era dell'intelligenza artificiale in cui ci troviamo, sembra che il carcere stia affrontando difficoltà nell'adattarsi alle moderne tecnologie e semplificazioni delle comunicazioni. È fondamentale non sacrificare il diritto dei detenuti a una giusta assistenza legale. Forse un'accurata valutazione delle restrizioni introdotte è necessaria per garantire che la giustizia sia davvero accessibile e che le pratiche comunicative non generino ostacoli o ritardi nel contesto penitenziario. Il Dap potrebbe intervenire con un correttivo?
Il Cnf è prontamente intervenuto con una nota nella quale, condividendo le preoccupazioni espresse dall’avvocatura, si annuncia la richiesta al Dap di revocare l’ordinanza.