Nel 2016 la scintilla da cui si sprigionò il forcing decisivo del Cnf per arrivare allequo compenso fu innescata proprio da una rivolta dellavvocatura, quella napoletana in particolare, per i compensi irrisori che lAgente della riscossone intendeva imporre nella convenzione per i servizi legali esterni. Da lì la massima istituzione dellavvocatura avviò una serie di interlocuzioni culminate nel tavolo con lallora guardasigilli Andrea Orlando, che elaborò la prima bozza di legge sullequo compenso, approvata in Parlamento a fine 2017 seppur con qualche modifica. Ebbene, ci risiamo. Perché anche la nuova legge a tutela dei professionisti, e dellavvocatura innanzitutto, arriva a uno snodo critico proprio sugli incarichi esterni dellAgenzia delle entrate-riscossione. E al momento, il dato non è confortante: perché i fondi previsti dal testo approvato mercoledì scorso in commissione Giustizia alla Camera e destinati a coprire appunto i maggiori oneri determinati a carico di Entrate-riscossione semplicemente, non ci sono. Zero euro. È emerso da verifiche informali condotte, nelle ultime ore, dai partiti che più da vicino hanno seguito liter della nuova legge: Fratelli dItalia, Forza Italia e Lega. È bastato un giro di telefonate con i deputati della commissione Bilancio e soprattutto con il ministero dellEconomia per accertarsi che non cè alcuna disponibilità, al momento, nel Fondo per le esigenze indifferibili. Da quella riserva si era sperato di poter attingere i 150 milioni necessari, attraverso lemendamento di Carolina Varchi (FdI) approvato mercoledì allunanimità, e inserito nel testo sul quale è stato dato mandato alla relatrice Infrid Bisa (Lega). E quindi, proviamo a riordinare il quadro. Martedì prossimo la nuova legge sullequo compenso professionale andrà in Aula a Montecitorio. Si tratta di un testo a prima firma della leader di Fratelli dItalia Giorgia Meloni, e cofirmato dal responsabile Professioni di FI Andrea Mandelli (che è anche vicepresidente della Camera) e dal leghista Jacopo Morrone (ex sottosegretario alla Giustizia). Nel provvedimento ci sono diverse novità: il rispetto dellequo compenso, per esempio, viene imposto non solo nellambito delle convenzioni, cioè degli accordi multipli stipulati con avvocati, commercialisti, ingegneri o altre categorie, ma anche a tutti gli altri accordi formali sottoposti a un professionista esterno da un committente forte (banche, assicurazioni, imprese con più di 50 dipendenti o ricavi annui superiori ai 10 milioni di euro). Vengono meglio precisate le clausole vessatorie, e le modalità attraverso cui il giudice può imporre al committente di riconoscere, al professionista incaricato, un compenso conforme ai parametri ministeriali. Inoltre, cosa non trascurabile, si trasferisce in un unico articolato la disciplina di fine 2017, che era disseminata in vari corpi normativi. Fin qui tutto chiaro. Ma il più importante atto di giustizia compiuto dal testo approvato mercoledì in commissione riguarda lobbligo esteso anche alla Pubblica amministrazione e a tutte le società controllate: che dovranno a loro volta pagare i professionisti esterni, a cominciare dagli avvocati, senza scendere al di sotto dei parametri ministeriali. Ed è qui che si è complicata la faccenda. Già lo scorso 8 luglio il provvedimento era rimbalzato dal primo tentativo di approvazione in Aula a un deludente ritorno in commissione. Motivo: il parere condizionato della commissione Bilancio, che aveva espressamente chiesto di escludere dallequo compenso lAgente della riscossione, le società deputate alle cartolarizzazioni e gli effetti retroattivi delle nuove norme. Grazie allinstancabile forcing dellonorevole Varchi, di Mandelli, Morrone, e alla mediazione decisiva del sottosegretario Francesco Paolo Sisto, si è arrivati mercoledì scorso allexit strategy: copertura da 150 milioni per lAgenzia delle entrate-riscossione (fabbisogno calcolato dal Mef e indicato in una lettera sollecitata da Perantoni) e, come suggerito da Sisto, niente retroattività. Sembrava tutto ok. Serviva solo il parere della commissione Bilancio. Che sarebbe arrivato in extremis direttamente martedì in Aula. E così sarà, in effetti. Ma conterrà quellamara sorpresa: si tratterà di nuovo di un parere parzialmente negativo, per via dei riscontri disarmanti arrivati dal Mef sullincapienza del Fondo per le esigenze indifferibili. Niente 150 milioni. La Bilancio dirà: la legge può andare avanti solo se vengono sottratti, dal regime dellequo compenso, lAgente della riscossione e le società deputate alle cartolarizzazioni. E come finirà? Nessuno dei promotori della legge per ora si sbilancia. Si lavora sotto traccia per rimediare in extremis. Tra i più attivi per arrivare a una soluzione cè Andrea Mandelli, che ribadisce la «priorità assegnata da Forza Italia alla tutela dei professionisti». Eppure, non si può escludere che ci si possa accontentare di tenere sotto lombrello della legge tutto il resto della Pa. E di rinunciare allequo compenso per riscossori e cartolarizzatori. Cioè i due ambiti in cui, obiettano gli avversari della legge, i servizi legali, in particolare, si tradurrebbero nellassistenza per un contenzioso seriale. Una bella scusa per pagare gli avvocati a cifre fuori legge, sugli 80 euro a causa. Vedremo se finirà così.