*DIRETTORE ISPEG

Il Ministro Nordio torna sulla sua agenda riformista. Si tratta di passaggi che, come già sottolineato in più consessi, si caratterizzano per l’alto valore di garanzia dei diritti degli indagati/ imputati. Occorre quindi – come affermato dallo stesso Ministro – una riforma tanto del codice Rocco, i cui principi vanno maggiormente adattati al dettato costituzionale, quanto del codice di rito, del quale si auspica con forza una sua completa attuazione. In particolare, due dei temi tra i più divisivi appaiono essere quelli concernenti le intercettazioni e le misure cautelari.

Sulle prime, il loro impiego sempre più massivo, tutt’altro che eccezionale e limitato a singole fattispecie di reato, sia diventato sempre più strumentale ad un’attività di indagine molto spesso priva alla fonte di necessarie basi.

Prassi tutt’altro che condivisibile se solo si pensa che la fisiologia del loro utilizzo implicherebbe che, prima, il PM svolgesse attività di indagine mediante l’utilizzo degli ordinari strumenti probatori a sua disposizione e solo dopo, qualora tale modus procedendi non portasse i risultati del caso, al contrario, si volesse approfondire ciò che le indagini hanno consegnato, ricorrere allo strumento delle intercettazioni (dunque, come mezzo di ricerca della prova e non già come il mezzo di prova).

Ben si comprendono, dunque, le parole del Guardasigilli quando ha affermato che le intercettazioni, il cui utilizzo è di gran lunga superiore alla media europea e con un significativo costo pubblico, sono diventate uno “strumento micidiale di delegittimazione personale e politica”.

Del pari, il grande e delicato tema della custodia cautelare (che, per alcuni, è ancora tristemente nota e individuata come “carcerazione preventiva”). E’ agli occhi di tutti cosa siano diventate oggi le misure cautelari, tanto personali (e, nello specifico, quella custodiale), quanto reali. La fase cautelare è, oggi, sempre più un’anticipazione del processo, di una sentenza di condanna con effetti immediati, mentre la fase dibattimentale la mera eventuale conferma o riforma di tale esito.

Attesa la portata devastante che esse hanno sulla libertà personale e patrimoniale dell’individuo, appare più che mai meritevole di pregio la proposta del Ministro di istituire un giudice collegiale, e non più singolo, in materia di concessione di misure cautelari. L’attuale impiego di un giudice collegiale nella sola fase del riesame – come correttamente osservato dal già Procuratore di Venezia – può rimuovere il danno futuro ma non quello già ingiustamente patito. Al contrario, l’esistenza di un Collegio che valuti preventivamente se sussistono i presupposti per la privazione della libertà personale ben si insinuerebbe in quel disegno di garanzia dei diritti delle persone sottoposte ad indagine fatto proprio dal Ministro Nordio.

Su questo tracciato torna la divisione delle carriere: dove molti col sorriso sornione pensavano essere un mero ritorno di fiamma delle proposte del passato, questa è ben chiara nel pensiero del Ministero di Giustizia che, si è certi, riuscirà a portare a compimento ad ulteriore tutela di quanto sopra espresso.