Si potrebbe dire che il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nell’illustrare le linee programmatiche del suo dicastero dinanzi alla commissione Giustizia del Senato, sia tornato quello di sempre: il garantista e liberale nudo e crudo, l’editorialista, lo scrittore di saggi anticonformisti, il presidente del Comitato per il Sì ai referendum sulla giustizia giusta di Partito radicale e Lega. In questi primi due mesi a via Arenula è stato criticato soprattutto da chi lo ha accusato di aver subito senza opporre resistenza la linea intransigente di Fratelli d’Italia, partito che lo ha fatto eleggere, e della Lega. E invece questa mattina ha rispolverato tutto il suo repertorio: separazione delle carriere, presunzione di innocenza, abuso delle intercettazioni, misure alternative al carcere, riforma del Csm. Ha disegnato una road map dei prossimi cinque anni da far tremare l’Anm. «Poiché in questo momento – ha esordito – la priorità assoluta è il superamento della crisi economica, le prime iniziative tenderanno a incidere favorevolmente in questa direzione, attraverso la semplificazione della legislazione e dell’organizzazione giudiziaria, attraverso una complessiva rivisitazione della sua geografia e piante organiche di magistratura e personale amministrativo». Poi ci sarà spazio per le riforme più complesse, quelle che riguarderanno anche la Costituzione: «In un secondo momento saranno elaborate le proposte che incideranno più radicalmente nel sistema complessivo. Il lavoro preliminare è già iniziato, con il progetto di istituire le opportune commissioni e gruppi di lavoro. Ma poiché alcune riforme richiederanno una revisione costituzionale, i tempi saranno meno brevi».

Civile, equo compenso e la raffica sul penale

Riguardo alla giustizia civile, «entro il 30 giugno 2023, ma stiamo lavorando per anticipare i tempi, verranno adottati i decreti attuativi. Particolarmente sensibile è, poi, il tema dell’equo compenso», rispetto al quale è in previsione «la costituzione di un apposito Osservatorio» (in linea peraltro con quanto già avvenne, grazie al Cnf, quando a via Arenula c’era Bonafede). Ma è sulla riforma del sistema penale che è uscito fuori, anche attraverso una certa modulazione della voce e un uso specifico delle sottolineature, il Nordio che non piace a una grande fetta della magistratura, soprattutto requirente: «Occorre una riforma del codice penale, adeguandolo, nei suoi principi, al dettato costituzionale, e una completa attuazione del codice Vassalli. Una riforma garantista e liberale che può essere attuata in parte con leggi ordinarie e, negli aspetti più sensibili, con una revisione della Costituzione. Indichiamo di seguito i più significativi princìpi, in quanto espressione di valori primari». Il primo è la presunzione di innocenza: «Essa è stata e continua a essere vulnerata in molti modi: l’uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni, la loro oculata selezione con la diffusione pilotata, l’azione penale diventata arbitraria e quasi capricciosa, l’adozione della custodia cautelare come strumento di pressione investigativa, lo snaturamento dell’informazione di garanzia diventata condanna mediatica anticipata e persino strumento di estromissione degli avversari politici». Una raffica memorabile in cui decisivo è il tema della custodia cautelare. La quale, «proprio perché teoricamente confligge con la presunzione di innocenza, non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo». Per Nordio sarebbe «più ragionevole» spostare la competenza «dal gip a una sezione costituita presso la Corte d’Appello, con competenza distrettuale. Avremmo l’enorme vantaggio di una maggiore ponderatezza della decisione e anche di omogeneità di indirizzo».L’affondo impietososulle intercettazioniFino all’affondo sul tema delle intercettazioni: «In Italia il numero di intercettazioni telefoniche, ambientali, direzionali, telematiche, fino al trojan e un domani ad altri strumenti, è di gran lunga superiore alla media europea, e ancor più rispetto a quello dei paesi anglosassoni. Il loro costo è elevatissimo, con centinaia di milioni di euro all’anno. Gran parte di queste si fanno sulla base di semplici sospetti, e non concludono nulla». Addirittura, sostiene appunto il guardasigilli, «la loro diffusione, talvolta selezionata e pilotata, costituisce uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica. Si tratta di sostanziali violazioni dell’articolo 15 della Costituzione, che fissa la segretezza delle comunicazioni come interfaccia della libertà». Pertanto «ne proporremo una profonda revisione, e comunque vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione arbitraria o impropria». Nella risposta a Roberto Scarpinato, ex pg di Palermo (M5S) e senatore M5S che contestava la razionalizzazione degli ascolti, Nordio dice: «Su questo punto il ministro sarà estremamente rigoroso: ogni volta che usciranno sui giornali violazioni del segreto istruttorio in tema di intercettazioni, l’ispezione sarà immediata e rigorosa».

Certezza della pena, ma non solo carcere 

Altro capitolo, la certezza della pena: «Essa dev’essere certa, eseguita, rapida e soprattutto proporzionata al crimine commesso», ma «certezza e rapidità della pena non significano tuttavia sempre e solo carcere». Per i “reati minori”, «in termini giuridici e razionali è meglio la concreta esecuzione di una pena alternativa». In merito ai numerosi suicidi (ieri il garante Palma ha scritto in una nota che «nel 2022» si è registrato in carcere «il tasso più alto di suicidi degli ultimi 10 anni») Nordio ha ripetuto: «Abbiamo vissuto con grande dolore la sequenza di suicidi: anche per questo il ministero si sta attivando con una pressante energia per limitare i tagli previsti dalla legge di Bilancio e per devolvere al settore eventuali risorse disponibili».

Il clou: abusi dei pm e carriere separate

Tema scottante, «il ruolo del pubblico ministero». Se «nell’ordinamento anglosassone la discrezionalità dell’azione penale è vincolata a criteri oggettivi» nel nostro Paese «l’obbligatorietà è stata mantenuta” e «si è convertita in un intollerabile arbitrio». Per Nordio il pm «può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza dover rispondere a nessuno. Un tale sistema conferisce alle iniziative, e talvolta alle ambizioni, individuali di alcuni magistrati, per fortuna pochi, un’egemonia resa più incisiva dall’assenza di responsabilità in caso di mala gestione». Inoltre con il codice di procedura penale del 1988 tutto è cambiato. Da qui l’esigenza di separare le carriere: «Il pm è una parte pubblica a tutti gli effetti, ma è pur sempre una parte. E quindi non ha senso che appartenga in tutto e per tutto al medesimo ordine del giudice». Poi si è soffermato sul giudizio disciplinare, un «nodo problematico» perché, dice Nordio, i componenti della sezione disciplinare «sono eletti con criteri di appartenenza correntizia da quegli stessi magistrati che vengono poi giudicati». Un passaggio di «buon senso», secondo il guardasigilli, «può essere lo spostamento del giudizio disciplinare dal Csm a una Corte disciplinare terza, non elettiva e individuata con criteri oggettivi, per esempio tra ex presidenti della Cassazione o di alte giurisdizioni o ex giudici della Consulta, nominati dal Capo dello Stato». Sempre sul Csm ha aggiunto: «Trattandosi di un organo costituzionale auspico una rapida convocazione delle Camere per l’elezione dei membri laici che è stata differita sine die». Infine un passaggio sulla paralisi amministrativa: per quanto concerne l’abuso di ufficio «le condanne irrogate sono una percentuale minima rispetto al numero di indagine e riguardano episodi di scarso disvalore». Pertanto, conclude il ministro, «gli appelli continui e pressanti dei pubblici amministratori e in particolare dei sindaci di diverse parti politiche dovrebbero costituire un forte stimolo per rapide conclusioni senza vincoli dogmatici o emotivi».