L’obbligo vaccinale contro il Covid per il personale sanitario «non è sproporzionato» e «non sono irragionevoli» le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale nel ritenere «inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali». «Ugualmente non fondate - prosegue la Corte - sono state ritenute le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò, sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico». «La sensazione che avevamo nel periodo peggiore del Covid quando la gente moriva, che il vaccino potesse essere in realtà la soluzione ottimale per poter uscire da quella condizione drammatica è stata confermata dalla Consulta. Questo significa che anche per la Corte Costituzionale i vaccini sono uno strumento fondamentale per garantire la salute dei cittadini», commenta all’Adnkronos Salute il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli.

Obbligo vaccinale, le questioni poste alla Consulta

Undici le ordinanze poste al vaglio dei 15 giudici costituzionali con cui 5 uffici giudiziari hanno sollevato dubbi sulla costituzionalità di obbligo e sanzioni in particolare del Decreto Legge 01/04/2021 n. 44 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76) e Decreto Legge 24/03/2022 n. 24 che istituiscono l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari, pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, stabilito fino al 31 dicembre 2022, ma fatto cessare dal nuovo Governo dal 1 novembre scorso (Dl 31 ottobre2022, n. 162). A sollevarle sono stati i tribunali di Brescia, Catania, Padova; il Tar della Lombardia e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana. Tre i giudici costituzionali relatori: Augusto Barbera, Stefano Petitti e Filippo Patroni Griffi. Vasta la platea dei difensori di operatori sanitari e professori che hanno rifiutato di vaccinarsi. Mentre Enrico De Giovanni, Federico Basilica e Beatrice Gaia Fiduccia, in qualità di avvocati dello Stato, hanno sostenuto la decisione del governo Draghi. Tra i più critici dell’obbligo, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che ha sollevato anche la questione della sicurezza dei vaccini; il Tar della Lombardia che chiama in causa numerosi principi costituzionali come la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, il diritto al lavoro e alla retribuzione, la tutela della salute, il principio dell’uguaglianza; e il tribunale di Padova che ipotizza anche la violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Non sono mancati momenti di tensione a Palazzo durante il dibattimento sulle questioni sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana. Critico ieri nei confronti della Corte in particolare un avvocato di parte: «Voleva delegittimare la Corte affermando che il giudice D’Alberti (nominato giudice costituzionale lo scorso settembre dal presidente Mattarella - ndr) fosse in conflitto di interessi per aver contribuito al decreto che citiamo. Non aveva senso. Non c’è base giuridica. O fai l’avvocato o fai politica. Come fai a ricusare un giudice per ciò che ha fatto in passato?», ha commentato all’Adnkronos il professore Ugo Mattei, giurista piemontese, tra gli avvocati di parte che si è pronunciato sull’ordinanza 77, una delle 5 sollevate dal Tribunale di Brescia. «Non è razionale dal punto di vista del contagio -ha  aggiunge il giurista -  considerare il vaccinato più sicuro del tamponato, quando lo stesso legislatore ammette la necessità del tampone, oltre al vaccino, nei concorsi pubblici. La norma è incoerente rispetto all’intenzione dichiarata».